EGITTO, ELEZIONI DI GUERRA

Una manifestazione di salafiti al Cairo.

Già una volta la situazione era arrivata a un passo dal disastro e la Commissione elettorale, forse su imbeccata del Supremo Consiglio delle Forze Armate che gestisce il potere dalla caduta di Mubarak, aveva cercato di rimediare cancellando dalla corsa elettorale i candidati più illustri.

Una manifestazione di salafiti al Cairo.

Ma sono bastati pochi giorni, e l’avvicinarsi del voto per le presidenziali (primo turno il 23 e 24 maggio, l’eventuale ballottaggio il 16 e 17 giugno) per riportare il sangue nelle strade delle grandi città dell’Egitto e agitare gli spettri della guerra civile. Decine di morti in pochi giorni e la capitale, il Cairo, che pare risuddivisa in città tra loro separate e non comunicanti: mentre un corteo dei salafiti si scontrava con l’esercito presso il ministero della Difesa (tre morti, tra i quali un soldato), in Piazza Tahrir i Fratelli Musulmani tenevano senza incidenti uno dei loro grandi raduni.

Ma questa non è un’elezione qualunque, troppo alta è la posta in palio. Bisogna decidere chi guiderà un Paese come l’Egitto, decisivo per il Medio Oriente ma da poco uscito da trent’anni di dittatura e tuttora affidato ai generali, che promettono di restituirlo ai civili entro il 30 giugno. La sfida si è fatta al calor bianco dopo che i Fratelli Musulmani si sono aggiudicati una maggioranza importante alle elezioni politiche. Importante ma non assoluta: qualunque Governo, quindi, sarà un Governo di coalizione e la personalità del Presidente, che dev’essere appunto eletto tra pochi giorni, sarà decisiva per regolare i rapporti tra le forze politiche.

Molti (gli Usa e Israele, ma non solo…) ora sperano che possa prevalere un candidato “laico”, cioè non legato ai movimenti islamisti. Ma non è così semplice. Per i Fratelli Musulmani era sceso in campo Khairat al Shater, un milionario del settore tessile. I Fratelli avevano promesso di non ambire alla presidenza, dunque la discesa in campo di Al Shater era in qualche modo un “tradimento”. Shater è stato eliminato da una sentenza della Commissione elettorale ma al suo posto corre ora Mohammed Morsi, ancor più integralista di Al Shater.

Mohammed Morsi, il candidato dei Fratelli Musulmani.

A proposito di candidati laici. Prima c’era Omar Suleiman, ex capo dei servizi segreti di Mubarak, certamente gradito agli Usa. La Commissione elettorale ha cancellato anche lui. C’è ora Amr Mussa, ex segretario della Lega Araba ed ex ministro degli Esteri di Mubarak, ma al massimo arriverà al ballottaggio.

C’è, in realtà, un candidato che raccoglie le simpatie dei ragazzi di Piazza Tahrir e anche della comunità dei cristiani copti e di molti laici veri. Curiosamente, però, è un ex esponente di spicco dei Fratelli Musulmani e si chiama Abdul Fotoh. Lui dice di essersene andato, i Fratelli dicono invece di averlo espulso. Resta il fatto che sotto le sue bandiere sono andati a finire quasi tutti i promotori delle grandi proteste contro Mubarak. Manca poco alle elezioni ma le sorprese non sono finite. 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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