IN SIRIA NON C’E’ GUERRA, LO DICE L’ONU

I funerali delle vittime di una delle repressioni dell'esercito siriano.

Da mesi Barack Obama, dalla Casa Bianca, sostiene che il regime di Bashar al Assad ha pochi giorni di vita. Sarkozy, dall’Eliseo, condanna i massacri una volta la settimana. L’Onu è sdegnata in permanenza. Nel frattempo, in Siria i civili continuano a morire per opera dell’esercito e delle forze di sicurezza del regime che, scientemente, persegue l’inasprimento delle operazioni militari: Human Rights Watch ha censito oltre 100 esecuzioni sommarie, in gran parte di donne e bambini, dall’inizio del 2012 mentre nelle ultime ore le città di Homs, Deir Baalbeh e Khaldiyeh sono state investite da attacchi degni di una piazzaforte, con decine di morti.

I funerali delle vittime di una delle repressioni dell'esercito siriano.

Anche l’atteggiamento di Assad non pare quello di un dittatore in procinto di lasciare. Anzi: le sue mosse puntano ad accrescere la tensione internazionale, come se fosse convinto che il resto del mondo non andrà molto oltre le belle parole. Ieri ha mandato a monte il piano faticosamente ordito da Kofi Annan, inviato speciale delle Nazioni Unite, per ottenere un cessate il fuoco a partire da oggi. Tirando in causa una presunta “mancanza di garanzie” da parte del fronte ribelle, il regime ha detto che lascerà i soldati dove sono a fare quello che già fanno: massacrare i civili. E non solo: proprio ieri, sparatorie e scontri sono arrivati pericolosamente vicini al confine tra Siria e Turchia e hanno decisamente superato quello con il Libano.

Assad agita così lo spauracchio che più preoccupa Usa, Israele, Francia e Turchia, le nazioni più coinvolte nella crisi siriana: l’esplosione dell’intera regione, il rivolgimento improvviso della Mezzaluna Fertile che, sulle orme di Abramo, va dall’Iraq a Israele, toccando gli attuali Siria, Turchia, Giordania e Libano. La culla della civiltà ma anche, e non solo in epoca moderna, di una serie di conflitti che non hanno mai trovato definitiva composizione.

Di quella Mezzaluna la Siria è il perno. Ha un’influenza decisiva sul Libano, perché l’ha occupato per 20 anni (dal 1976 al 2005) e perché almeno 200 mila siriani hanno nel tempo ottenuto la cittadinanza libanese. E’ il Paese con i più stretti rapporti con l’Iran degli ayatollah. E’ il nemico preferito, perché impotente, di Israele che a questo punto teme pure che un definitivo tracollo del regime siriano apra le porte a un’influenza decisiva sulla regione da parte della Turchia, che con Assad è invece ai ferri corti e con Israele quasi.

Un manifesto che ironizza sulle menzogne di Assad al mondo.

Gli Usa temono tutto questo e altro. La Siria di Assad (che partecipò alla prima Guerra del Golfo contro Saddam Hussein come alleata della coalizione occidentale) ha accolto dopo il 2003 centinaia di migliaia di profughi dell’Iraq, in particolare cristiani, facendo così da parziale valvola di sfogo alla crisi di quel Paese. La sua guerra civile minaccia da vicino anche la fragile Giordania, vero avamposto Usa in Medio oriente. E poi c’è la partita globale: Russia e Cina continuano ad appoggiare Assad  e lo fanno soprattutto per tenere sulle spine il rivale americano. La Francia è in ansia per il Libano. La Turchia sunnita pensa di avere vantaggi dalla fine del regime alawita (un ramo degli sciiti) ma non osa intervenire. Tutti si chiedono se i Paesi del Golfo, già nevrotizzati dai progetti nucleari dell’Iran, resteranno davvero al riparo dai fermenti e dai tumulti della cosiddetta Primavera Araba: nessuno, in epoca di difficoltà economiche globali, vuole una crisi nell’area cruciale per il mercato del petrolio.

Il risultato di queste spinte e controspinte è ciò che vediamo: la stasi, mentre Assad spara. L’emblema di questa situazione è quanto avviene all’Onu. La speciale Commissione d’inchiesta attivata dalle Nazioni Unite ha stabilito che ciò che succede in Siria non può essere definito “conflitto armato” perché le forze di opposizione non sono abbastanza forti e organizzate. “Conflitto armato” è però il modo della diplomazia internazionale di definire la guerra. E se in Siria non c’è ufficialmente una “guerra”, i civili siriani non possono godere di quel minimo di protezione che deriva dalle regole stabilite dalla Convenzione di Ginevra del 1949, che anche la Siria ha sottoscritto. Così, per evitare forse le tentazioni interventiste di qualcuno, si sacrificano donne e bambini: più di trenta solo ieri.

Pubblicato sull’Eco di Bergamo del 10 aprile 2012

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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