ISRAELE E USA, CHI PREME SU CHI

Bibi Netanyahu con Barack Obama.

GERUSALEMME – Mi capita di trovarmi a Gerusalemme proprio nei giorni in cui Barack Obama riceve il premier israeliano Netanyahu alla Casa Bianca e poi l’uno e l’altro parlano al congresso dell’Aipac (American Israel Public Affairs Committee). Compro i giornali in una libreria dopo aver a lungo soppesato un saggio dedicato a questa tesi: la lobby pro-Israele negli Usa non esiste ed è comunque molto molto meno influente della lobby pro-Paesi arabi.

Bibi Netanyahu con Barack Obama.

Al di là dei contenuti del discorso di Obama (che chiede a Israele di avere fiducia nell’opera diplomatica della Casa Bianca) e della validità del libro (che poi non ho comprato), mi diverte il tema: esiste una lobby pro-Israele? Agisce? E’ davvero in grado di influenzare la politica americana? Ed è vero che Israele tiene in pugno la politica Usa? La cosa davvero curiosa è che, a quanto pare, neppure gli israeliani riescono a darsi una risposta precisa.

Da alcuni dei giornali comprati in libreria estrapolo le seguenti opinioni.

1. “Obama affronta l’anno elettorale con un occhio chiaramente rivolto al voto degli ebrei. Timoroso di perdere l’appoggio degli ebrei in Stati cruciali come la Florida, il Presidente cerca ora di accreditarsi come un accanito sostenitore di Israele” (Michael Freund, Jerusalem Post).

2. “L’idea che 5,5 milioni di ebrei in stretta alleanza con i cristiani evangelici tengano la politica americana in Medio Oriente in ostaggio è uno dei più pericolosi eppure duraturi miti della politica Usa e della politica estera in generale” (Aaron David Miller, della Woodrow Wilson International Center for Scholars, sull’Herald Tribune).

3. “Se Netanyahu vuol tenere un discorso in cui parla di missili atomici che dall’Iran colpiscono Tel Aviv, dovrebbe avere il coraggio di tenere quello stesso discorso a Tel Aviv, nel luogo dove i missili dovrebbero in realtà cadere. Non davanti a una platea di ebrei americani ciecamente disposti ad applaudire in modo automatico” (Gideon Levy, a proposito del discorso di Netanyahu all’Aipac, su Haaretz).

4. “Netanyahu è andato in missione negli Usa per conto dello Stato… ed è riuscito a portare la questione dell’Iran in cima alla coscienza politica dell’America… e a spingere Obama a prendere impegni presidenziali che non erano stati presi prima. E anche, ovviamente, a ottenere l’appoggio alle posizioni di Israele da parte del Congresso e dei candidati repubblicani alle elezioni presidenziali” (Israel Harel su Haaretz, nella stessa pagina).

Insomma, nessuno riesce a capire, o a dire, se le lobby pro-Israele esistono o no e, soprattutto, se sono efficaci o no. L’unica cosa certa è che la stampa e gli intellettuali israeliani non hanno alcun timore o finta pudicizia nel parlarne. Una delle ragioni, probabilmente, per cui Israele è un Paese così forte, dinamico e interessante.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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