Si fa un gran rumore intorno al famoso articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, come se da esso dipendesse il futuro dell’Italia. La realtà, invece, è assai più banale e prosaica. Intanto, bisognerebbe conoscere meglio la lettera dell’articolo, che non stabilisce che il licenziamento sia valido solo se avviene per giusta causa o giustificato motivo. L’articolo 18 dispone invece che, in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo, il lavoratore sia reintegrato nel posto di lavoro e l’imprenditore condannato a un risarcimento non inferiore a 5 mensilità. In alternativa, lo stesso lavoratore può optare per il solo risarcimento del danno.
In concreto, poi, ecco che cosa succede, almeno secondo i dati diffusi dal Dipartimento mercato del lavoro della Cgil. Le cause contro licenziamenti “illegittimi” avviate finora dalla Cgil sono circa 31 mila, per altrettanti lavoratori. Il giudice ha deciso per il reintegro nel posto del lavoro sono in 300 casi, pari all’1% del totale. E su quei 300 casi, solo 70 si sono conclusi con un effettivo reintegro, mentre gli altri 230 hanno richiesto il solo risarcimento. Con queste cifre, è arduo sostenere che sia l’articolo 18 il maggior freno al mercato del lavoro. Tanto rumore per (quasi) nulla.