A COSA SERVE IL GIORNO DELLA MEMORIA

Bambini ebrei sopravvissuti ai campi di concentramento.

Nacht und Nebel, notte e nebbia. Pronunciando queste parole e indossando un elmo
magico, nell’Oro del Reno“ di Wagner, il re dei Nibelunghi si celava alla vista dei
mortali. Con quelle stesse parole Adolf Hitler marchiò, il 7 dicembre 1941, il decreto
per lo sterminio fisico di tutti coloro che costituivano un “pericolo per la sicurezza
della Germania”.

Bambini ebrei sopravvissuti ai campi di concentramento.

 

Da quel giorno cominciarono le NN-Aktion (le Operazioni Nacht und Nebel, appunto) e gli NN-Transport con cui risolvere per sempre la questione degli NN-Häftlinge, i prigionieri. Prendeva così l’avvio la fase più terribile della Shoah, l’eliminazione programmata e scientifica di un intero popolo, quello ebraico, accompagnata dal massacro di prigionieri di guerra, rom e sinti, disabili, omosessuali.

Sei milioni di ebrei, quasi 20 milioni di persone in totale, dovevano appunto sparire nella notte e nella nebbia. Il Giorno della Memoria, che ricorre il 27 gennaio e che dal 2000 la nostra Repubblica riconosce ufficialmente “al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei…”, è l’esatto opposto. E’ un grido internazionale per dire: vogliamo vedere, vogliamo sapere. Spazziamo via la nebbia, portiamo tutto al sole.

Proprio al modo in cui il percorso nello Yad Vashem, il mausoleo dell’Olocausto di Gerusalemme, dopo averti precipitato nell’inferno affrontato dalle vittime e dai sopravvissuti, ti proietta fuori, all’aria e al sole, quasi sospeso su una valle piena di luce e di speranza. Perché non vi è certezza del futuro se non abbiamo il coraggio di affrontare senza finzioni, o peggio ancora negazioni, tutto l’orrore del passato.

Il 27 gennaio è esattamente il giorno del 1945 in cui le truppe sovietiche, a quel
punto lanciate verso Berlino, arrivarono alla città polacca di Oświęcim, assai più
nota con il nome tedesco di Auschwitz, entrarono nel lager, liberarono i pochissimi
superstiti e rivelarono al mondo l’orrore. Fu davvero una rivelazione? Il dubbio ci
perseguita da allora. Davvero gli infiniti voli sull’Europa dell’aviazione alleata non
avevano mai scoperto nulla? Davvero la resistenza non aveva mai segnalato, prima
di quel giorno, le migliaia di convogli piombati, le colonne di prigionieri, le “strane”
attività di quei campi?

Comunque sia, quel 27 gennaio 1945 tornò libero da Auschwitz anche Primo Levi,
che nel lager era arrivato il 22 febbraio del 1944 in un convoglio di 650 prigionieri:
i russi ne trovarono vivi 20. Levi riuscì a tornare nella sua Torino solo in ottobre,
ma in dicembre stava già scrivendo quel capolavoro assoluto che avrebbe intitolato
Se questo è un uomo. Uno sforzo psicologicamente sovrumano che lo scrittore
affrontava, per sua esplicita dichiarazione “per il bisogno irrinunciabile di raccontare
agli altri, di fare gli altri partecipi”.

Nello stesso lager, il 9 agosto del 1942, era stata uccisa in una camera a gas santa Teresa Benedetta della Croce, per il mondo Edith Stein, la filosofa nata in una famiglia ebraica ortodossa, convertitasi al cattolicesimo, diventata suora carmelitana nel 1934 e canonizzata da Giovanni Paolo II nel 1998. Di uno dei suoi ultimi scritti prima dell’arresto, la santa aveva detto: “Desidero semplicemente raccontare che cosa ho sperimentato a essere ebrea”.

A questo ci serve il Giorno: a essere partecipi della vita degli altri, a sperimentare
il bene e il male che siamo capaci di produrre. E a questo ci serve la Memoria: a
superare la schiavitù del momento presente e, recuperando il passato, a metterci in
sintonia con il sentimento collettivo. In definitiva, con la nostra Storia.

Pubblicato sull’Eco di Bergamo del 26 gennaio 2012

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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