“LA” SEVERINO E IL POLITICALLY CORRECT

DI GIORGIO VECCHIATO – Questa è una divagazione del tutto personale, su una questione secondaria che tuttavia, negli anni scorsi, ha fatto litigare parecchia gente. Per quel che mi riguarda, il piccolo problema nasce quando leggo su un titolo di giornale che Severino non ha obiezioni su una eventuale amnistia. Così mi domando: abbia ragione o torto, che c’entra Emanuele Severino, filosofo incline alle profonde astrazioni, con un dramma quanto mai concreto come il sovraffollamento delle carceri? A meno che, dopo la vertenza di tanto tempo fa con l’Università Cattolica, questo pensatore eterodosso non si stia riavvicinandoalle posizioni della Chiesa.

Paola Severino, ministra della Giustizia.

Beh, andiamo oltre il titolo e vediamo un po’ di che si tratta. Sorpresa. Il Severino in questione non si chiama Emanuele, non è un filosofo e nemmeno un uomo, bensì una signora di nome che di nome fa Paola, proviene dalla grande avvocatura e adesso è ministro (o ministra?) dellaGiustizia. Colpa mia, evidentemente, se non avevo afferrato subito. Però qualcuno ha paragonato il governo Monti al salotto di Gad Lerner, cioè personaggi di spicco nel proprio ramo ma ignoti ai più. Nei giornali americani, anche quando si parla di figure famose, si mettono nome, cognome e carica. Mr. Barack Obama, presidente degli Stati Uniti: vedi caso che qualche lettore non lo sapesse.

Noi siamo più disinvolti e intitoliamo allegramente su Silvio, Mario, Umberto, Giorgio, magari anche “erPecora”. Ma dico io: quel titolista nostrano non poteva scrivere “la” Severino, per farsi capire, come ammoniva Montanelli, anche dal lattaio dell’Ohio? Eccolo, il problemino marginale che tuttavia, negli anni accesi del femminismo, era un problemone. Nel sostenere allora la parità della donna, in tutta ragione ma con una verve in seguito annacquata, le polemiste più accanite arrivavano a chiedersi se il Creatore fosse maschio o non, piuttosto, femmina. Poi sono scese su argomenti più terreni, anche perché il detestato e stupido maschilismo aveva a sua volta innestato la retromarcia.

E’ vero che le donne, per i tanti aspetti che conosciamo, sono tuttora sacrificate come spazi di carriera, stipendi, addirittura semplici occasioni di lavoro. Ma nessuno discute più sul diritto alla parità. Se uno si azzarda, oltre alle donne gli saltano addosso anche i maschi. Ora torniamo ai giornali e a come viene trattata la faccenda. Fateci caso. Se l’articolista è un uomo, gli verrà spontaneo scrivere “la” Severino, “la” Camusso”, “la” Marcegaglia (per inciso, tutte signore di vasto e indiscusso potere). Se invece scrivono le giornaliste, il “la” chiarificatore sparisce. Solo i cognomi. A quanto pare, questo “la” è diventato politicamente scorretto. Come dire negro, handicappato, mongoloide.

A me pare, in verità, che ci sia una bella differenza. Non capisco dove stia l’offesa, il cattivo gusto, se si precisa che la Severino in questione è una donna, illustre e prestigiosa ma da non confondere con l’omonimo filosofo. Del resto nella lingua italiana, come in tutte le altre, continuano a esistere il genere maschile e il genere femminile. E quando si è scritto che “la” Severino era la prima donna a occupare in Italia il seggio di Guardasigilli, c’era magari una sfumatura di compiaciuta e paternalistica meraviglia, come in America per il primo generale di colore.

Ma era, direi, soprattutto una sottolineatura. Quanto doveva essere brava questa signora che si faceva spazio, e ai massimo livello, in un mondo nel quale la parità è riconosciuta e teorizzata, ma spesso più a chiacchiere che in concreto. Comunque, giù il cappello per il ministro che è, secondo me, una ministra. Così almeno la penso io. Ma si vede che non sono politically correct.

di Giorgio Vecchiato

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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