QUANDO LA UE STRILLA, BERLUSCONI CORRE

L’idea che la comatosa maggioranza possa partorire proprio adesso, e senza una lira da spendere, le riforme che non ha nemmeno concepito in tre anni e mezzo di Governo, e che il suo leader Berlusconi trovi oggi la lungimiranza politica che finora gli è mancata, è più che ridicola: è patetica. Altrettanto malinconica è la levata di scudi para-nazionalista, comprese le clownerie di piazza alla Ferrara, dopo la pubblica umiliazione inflittaci dal duo Sarkozy-Merkel.

Angela Merkel, Nicolas Sarkozy e Silvio Berlusconi.

Perché la realtà è una sola: dopo il vertice europeo, quello in cui la Ue ci ha dato i “tre giorni”, Berlusconi si è messo a correre come un pazzo, è passato di vertice in vertice, sull’innalzamento dell’età pensionabile ha persino messo a rischio l’alleanza con la Lega. Proprio lui che la settimana scorsa, a proposito del “piano per la crescita,” diceva che non c’era fretta, che non c’era alcun bisogno di precipitare le decisioni. Per cui, la Merkel e Sarkozy saranno anche due sbruffoni, ma quando fischiano il buon Silvio sgambetta come cagnolino obbediente, altro che storie. E cerca in ogni modo di arrivare al fatidico mercoledì, giorno di un altro vertice a Bruxelles, con qualcosa da offrire ai quei (pre)potenti della Ue.

A nulla serve ripetere “no ai diktat” se poi i diktat arrivano (primo problema) e se, quando arrivano, mostriamo con ogni evidenza di essere costretti a soddisfarli (secondo problema). Sarebbe più utile chiedersi, invece, come mai siamo in questa situazione.  E’ vero che il debito pubblico mostruoso non l’ha creato Berlusconi (che però non ha fatto nulla per ridurlo). E’ vero che c’è la crisi (ma c’era anche quando Prodi, Ciampi e  Amato decisero di affrontarla con misure altamente impopolari).

Ma in questo momento, il vero handicap dell’Italia è un altro. Il collasso della Grecia e prima ancora (ma con meno rischi globali) dell’Irlanda, e poi la crisi della Spagna, del Portogallo e dell’Italia, hanno messo a rischio l’intero sistema euro. Con qualche fondamentale differenza. L’Irlanda e il Portogallo sono Paesi piccoli, hanno cambiato i Governi, hanno fatto sacrifici e, con tanta fatica, si sono più o meno rimessi sulla linea di galleggiamento. La Spagna è un Paese già di calibro medio-alto, ma il tanto deprecato Zapatero ha messo la testa sul ceppo (fra poco laggiù si andrà a votare) e nel frattempo ha fatto le riforme giuste (due manovre straordinarie per 50 miliardi di euro totali, portando nel 2010 il al 9,2% del Pil, riforma del sistema pensionistico, riforma del settore bancario: per questo all’ultimo vertice la Spagna è stata definita “fuori pericolo”).

Della Grecia si sa: è la mantenuta d’Europa e i suoi cittadini sono già costretti a sacrifici enormi. Ma ha comunque cambiato Governo (per inciso, dal centro-destra di Karamanlis, sprofondatore dei bilanci, al centro-sinistra di Papandreu) e fa di tutto per andare incontro alle richieste di chi (l’Europa) presta i soldi.

Poi c’è l’Italia. Come si sa, siamo troppo grossi per essere salvati per le orecchie come la Grecia e un nostro default manderebbe probabilmente a pezzi l’intero sistema finanziario europeo. Però siamo anche l’unico dei Paesi in crisi che non fa niente. Non facciamo le riforme, perché Bossi e Berlusconi hanno paura di perdere voti. Non cambiamo il Governo ma, al contrario, teniamo in piedi a ogni costo una maggioranza che è ormai solo parlamentare. Non diamo retta alla Ue e insieme le chiediamo di comprare i nostri Buoni del Tesoro per non far impazzire i tassi d’interesse. Non abbiamo alcun “piano per la crescita”, o comunque lo si voglia chiamare, e anzi teorizziamo che si possa tranquillamente rimandarlo.

L’unica cosa di cui la maggioranza di Governo si occupa è… se stessa, la propria permanenza al potere. In queste condizioni, come possiamo aspettarci che la Ue continui a finanziarci senza porre condizioni? E come possiamo chiedere agli altri Paesi di fidarsi e farsi i fatti loro se la nostra inazione rischia di ripercuotersi su tutti?

 

 

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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2 Commenti

  1. fabio cangiotti said:

    Caro Fulvio, d’accordo su tutto, mi arrendo, anzi è un pezzo che mi auguro un ricambio di governo che sembra non arrivi mai. Però un sassolino me lo cavo lo stesso: credi davvero che a Bersani riuscirebbe mai con la Camusso(e mezza Italia e tre quarti del suo stesso partito e tutto ciò che si muove a sinistra del Pd) ciò che a Berlusconi riesce male e a metà con Bossi, e cioè il doveroso innalzamento della età pensionabile? Ciò rimanda a una vecchia realtà che tu forse fatichi ad ammettere, e cioè che Berlusconi è durato fino allo sfinimento e quindi troppo solo grazie all’assoluta mediocrità del quadro politico restante. Non vedi che tutti i politici fanno a gara per passare il cerino (e che cerino quello delle pensioni) agli altri? A parte Casini forse, il quale però non ne farà una battaglia epocale, se non vuole affondare già al varo delle elezioni prossime venture…

  2. Fulvio Scaglione said:

    Caro Fabio,
    che dire. Del diman non c’è certezza, come sempre. Dell’oggi invece sì e la situazione sappiamo com’è. E su una cosa tutte le persone ragionevoli sono ormai d’accordo: Silvio se ne deve andare. Poiché anche questo non è facile da ottenere, grazie a statisti come Bossi e Scilipoti, speculare troppo sul futuro rischia di essere un esercizio vano. Ahimè.
    Ciao, a presto
    Fulvio

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