Sopravviverà la Cina all’industria dell’automobile? Mentre i primi veicoli made in China fanno la loro comparsa sull’asfittico mercato europeo, in patria è partita una specie di caccia all’automobilista e all’automobile che mette insieme ragioni ecologiche, esigenze di viabilità e l’affanno di controllare uno sviluppo economico che spesso pare vivere di vita propria.
Prendiamo Pechino, la capitale: il suo comune è grande quanto il Belgio e ha quasi 21 milioni di abitanti (il Belgio ne ha la metà). Nel 1997 in città si registrava 1 milione di automobili, l’anno scorso si era ormai a 5. Un paio di mesi fa, proprio alle porte della città, si formò un mostruoso ingorgo lungo 100 chilometri sull’autostrada Pechino-Tibet, una delle arterie essenziali della Cina, che si sciolse solo 10 giorni dopo. Per non parlare del traffico urbano: a Pechino, è stato calcolato agli inizi del 2010, ogni automobilista è costretto a passare in media due ore e 10 minuti al giorno in automobile. E già nel 2004 la percentuale di ossido di carbonio nella sua atmosfera era 6 volte più alto che a New York.
Così le autorità della capitale hanno preso uno di quei provvedimenti draconiani per cui la politica cinese va celebre. Ha diritto di acquistare un’automobile solo chi è nato a Pechino. Una volta pagata la macchina al concessionario, e versati altri quattrini all’ufficio della motorizzazione per la registrazione delle targhe, l’aspirante automobilista si trova a fare i conti con la fortuna. Per avere diritto a montare le targhe bisogna infatti iscriversi a una lotteria da cui, una sola volta l’anno, escono i nomi dei fortunati. Capita dunque di possedere un’automobile ma di dover aspettare uno o due anni per poterla usare.
Ogni giorno, peraltro, a Pechino la circolazione è vietata alle targhe con due diversi numeri finali (per esempio, il lunedì non possono girare le macchine con targhe che finiscono con 1 e con 2, il martedì con 7 e con 4 e così via) e solo il sabato e la domenica la circolazione è finalmente aperta a tutti.
Risultato? Nel 2011 le nuove immatricolazioni sono scese a 240 mila contro le oltre 700 mila del 2010, la circolazione si è snellita, il tempo passato in coda è diminuito. Lo stile Pechino è già stato adottato in altre città, ma in realtà tutte le municipalità si stanno attrezzando per ridurre il numero di automobili in circolazione. A Shanghai (20 milioni di abitanti) le immatricolazioni sono libere ma costano molto care: quasi metà del prezzo della stessa automobile. Poiché i comuni sono liberi di decidere la tariffa, molti abitanti di Shanghai avevano preso l’abitudine di far immatricolare la propria auto nelle cittadine del circondario, molto meno care.
Le autorità, però, non sono rimaste guardare: le automobili con targa di altro comune non possono circolare sulle circonvallazioni e sulle tangenziali nei classici orari di punta, quando la gente ha fretta di raggiungere il posto di lavoro. In ogni caso il traffico urbano procede a una velocità media compresa tra i 10 e i 15 chilometri orari. Si andrebbe più veloci in bicicletta, se non fosse che le bici sono in via di estinzione: negli ultimi 15 anni sono calate, in città, da oltre 6 milioni a 1 milione e mezzo.
(1. continua)