LA PALESTINA MANDA IN PEZZI L’EUROPA

DI SERGIO MARELLI – Tra le conseguenze e gli strascichi che lascerà la questione Israelo-palestinese in questi giorni oggetto della sessantaseiesima Assemblea generale dell’Onu, vi sarà anche quella dell’ennesima dimostrazione di scarsa credibilità politica dell’Unione Europea. L’intervento in plenaria del presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, che ha giustamente sottolineato come fosse il primo intervento alle Nazioni Unite di un “Presidente a tempo pieno” della Ue, ha tentato con scarsi risultati di mascherare la cruda verità sulla vicenda del riconoscimento dello Stato palestinese: l’Europa a fronte di una decisione importante di politica internazionale ancora una volta si presenta disunita.

L'esultanza dei palestinesi a Ramallah dopo la richiesta di riconoscimento all'Onu.

L’evidenza è stata messa in risalto dagli interventi che prima di lui i Capi di Stato e di Governo membri dell’Unione hanno pronunciato di fronte all’Assemblea Onu. A parte infatti, l’unica convinzione condivisa circa la necessità di trovare una via di uscita dallo stallo negoziale che caratterizza le relazioni tra Tel Aviv e Gerusalemme e dall’impaludamento della comunità internazionale in attesa di una qualche proposta da parte del “Quartetto” (Onu, Usa, Ue e Russia, incaricati di mediare il conflitto e individuare la soluzione percorribile) gli Stati membri della Ue si sono schierati in favore di ipotesi diverse e metodi opposti da seguire.
A fronte del riconoscimento richiesto da Abu Mazen per uno Stato autonomo palestinese, sono tre le soluzioni sottoposte alla valutazione della comunità internazionale e sulle quali nelle prossime ore l’Assemblea generale dovrà pronunciarsi. La prima di esse è conosciuta come la  “Vatican option”, ovvero la possibilità di concedere  alla Palestina uno status di Osservatore permanente come per la Santa Sede. Questo consentirebbe all’Autorità palestinese di partecipare alle decisioni delle agenzie Onu e soprattutto di poter ricorrere alla Corte Internazionale dell’Aja per denunciare crimini e soprusi perpetrati da un lato da Israele e dall’altro da Hamas. Per questa ipotesi si sono chiaramente schierati, tra gli altri, la Francia e l’Italia.

La seconda, corrisponde alla richiesta che i palestinesi hanno inusualmente avanzato all’Assemblea e non all’organo preposto costituito dal Consiglio di sicurezza, per sfruttare la felice coincidenza di due “grandi alleati”, Qatar e Libano, che oggi rivestono rispettivamente la funzione di presidente dell’Assemblea generale e di quella del Consiglio di sicurezza. Essa consiste nella ferma e risoluta applicazione della Risoluzione Onu del 1967 che prevedeva la costituzione di due Stati sovrani definendone anche i confini territoriali, da allora ripetutamente violati dai coloni israeliani. Governi come Svezia, Portogallo, Belgio e Spagna non fanno mistero della loro predilezione di questa ipotesi, tanto da preannunciare un voto in linea con gli Stati arabi che, ovviamente, appoggiano la richiesta di Abu Mazen.

Infine, sostenuta dagli Usa e dallo stesso Ban Ki Moon, resta la terza via che prevede il ritorno al tavolo dei negoziati per trovare un “compromesso” tra le richieste di Israele e quelle dei palestinesi, senza il quale nessuna decisione in sede Onu sarebbe ammissibile.  A questa ultima ipotesi ha aderito David Cameron, premier inglese, esplicitando la sua posizione con un accorato intervento di fronte all’Assemblea dei 193 Stati membri Onu.

Abu Mazen con Barack Obama.

Se a tutto ciò vogliamo aggiungere che le Nazioni Unite celebrano anche il decennale della Dichiarazione siglata a Durban nel 2001 per un impegno della comunità internazionale contro il razzismo, la discriminazione e la xenofobia, cerimonia che il Governo italiano ha deciso di disertare proprio in virtù dei riferimenti in essa contenuti ai comportamenti e delle politiche di Israele nei confronti del popolo palestinese, risulta facile immaginare la fatica e l’imbarazzo del Presidente Ue Van Rompuy nel presentarsi a “nome dei 27 Paesi della UE”.

Il peso economico dell’Unione europea, che registra un Pil complessivo di soli 15 punti percentuali inferiore a quello USA, continua ad essere sminuito dalla sua reiterata assenza politica. Le conseguenze di una simile debolezza, fatto salvi repentini ravvedimenti dei nostri politici, sullo scacchiere internazionale sono evidenziate dalla sua evanescenza nei percorsi decisionali ancora affidati ad altri raggruppamenti o non ancora ricevuti in delega dai propri membri.  Sul fronte interno,  sebbene più subdole e devastanti, le stiamo iniziando a vedere nell’incapacità di risolvere la crisi economica e, temo, le constateremo in futuro ed in misura maggiore sul piano sociale.

di Sergio Marelli
Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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2 Commenti

  1. fabio cangiotti said:

    “Questo consentirebbe all’Autorità palestinese di partecipare alle decisioni delle agenzie Onu e soprattutto di poter ricorrere alla Corte Internazionale dell’Aja per denunciare crimini e soprusi perpetrati da un lato da Israele e dall’altro da Hezbollah”. Temo che si tratti di un refuso di Marelli (Hezbollah scambiato con Hamas) ma soprattutto di una vacua speranza. Quando mai l’Anp metterà sullo stesso piano Israele e gli amici-nemici di Hamas? Riguardo invece al riferimento a Durban, Marelli sembra ignorare che si trattò (come per le edizioni successive al 2001) di una vergognosa manifestazione di antisemitismo alimentata dalle dittature più retrive del mondo, che cercarono di rinnovare i fescennini del 1975 quando Israele fu accusata di razzismo dall’Onu. Fecero bene Stati Uniti, Canada, Italia ed altri Paesi a non partecipare più a quelle schifezze.

  2. Fulvio Scaglione said:

    Caro Fabio,
    giusta la prima. Anche la seconda, ma conoscendo Marelli so che voleva dire la stessa cosa, anche se con altro tono.
    Ciao, a presto

    fulvio

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