LA TURCHIA DI ERDOGAN LANCIA LA SFIDA

Recep Tayyip Erdogan, primo ministro della Turchia dal 2003, riconosciuto artefice del rinascimento economico del suo Paese (anche quest’anno il Pil è in aumento dell’8,8%, una tasso di crescita inferiore solo a quello della Cina), ha deciso di giocare in serie A. Lo dimostra il discorso che ha tenuto al Cairo, dove gli egiziani l’hanno accolto come un liberatore dopo la dura polemica con Israele. Ma siamo sicuri che a Erdogan e alla Turchia convenga tentare il grande passo nell’arena internazionale?

Il premier turco Erdogan all'arrivo in Egitto per la visita ufficiale.

Certo, l’occasione è ghiottta. Respinta dall’Unione Europea, la Turchia si è ritagliata un ruolo assai più conveniente di ponte tra Oriente e Occidente, soprattutto di mediatore tra le grandi ricchezze naturali dell’Est e i voraci mercati dei Paesi sviluppati dell’Ovest. Erdogan, inoltre, è il leader di un Paese indubitabilmente islamico ma altrettanto indubitabilmente fedele alle strategie occidentali. E’ nella Nato, per molti anni è stato anzi il bastione orientale dell’Alleanza, è tuttora il Paese con il secondo maggiore esercito (700 mila uomini) del Patto Atlantico.

Erdogan nutre l’ambizione di imporsi come la nuova e credibile figura carismatica del Medio Oriente ed è aiutato in questo dal rivolgimento che scuote la regione e mette in crisi i vecchi equilibrii. I leader delle generazione precedente sono stati spazzati via (dal tunisino Ben Alì all’egiziano Mubarak, fino a Gheddafi); l’estremismo islamico e l’ala terrorista hanno procurato ai musulmani lutti e danni enormi e sono ampiamente squalificati ovunque; di altri potenziali “capi” non se ne vede l’ombra, né possono esserlo i vari sceicchi e sultani che si sono aiutati l’un l’altro (e gli Usa con loro) a sparare su chi chiedeva un po’ più di democrazia.

Dalla sua Erdogan ha infine il credito riscosso dalla Turchia, fedele alle tradizioni ma capace di modernizzarsi e di competere sui mercati, e la debolezza di quelle che una volta chiamavamo “superpotenze”. Gli Usa di Obama hanno altri pensieri, la Russia di Putin non è mai stata decisiva in Medio Oriente, la Cina ha un forte legame con l’Iran che le fornisce gas e petrolio e tanto le basta, gli altri non sono decisivi.

L'accoglienza della folla del Cairo per Erdogan.

Però… Erdogan non è il primo a provarci. Anzi: è l’ultimo erede di una lunga fila di aspiranti leader del Medio Oriente che vanno da Nasser (1918-1970) a Sadat (1918-1981) per quanto riguarda l’Egitto, allo shah Rezha Palahvi (1919-1980) in Iran, ad Assad padre (1930-2000) e Assad figlio per la Siria, da re Hussein di Giordania (1935-1999) a Muhammar Gheddafi in Libia. Tutti loro, a un certo punto della parabola politica, ci hanno provato. Tutti, ognuno a modo proprio, hanno fallito. Troppo frammentato il Medio Oriente per accettare una guida unica, e troppo frammentabile: il mosaico di religioni, razze, etnie, case reali e movimenti è sempre stato ampiamente sfruttato dai Paesi (di volta in volta Usa, Gran Bretagna, Francia… ) che avevano interesse a metterne sotto tutela questo o quel pezzo.

C’è una bella differenza tra il ruolo del mediatore, quello che Erdogan ha fin qui ricoperto, e quello del protagonista. E può darsi che il premier turco, che non è certo imprudente o sciocco, sia pronto a rinunciare ad alcune delle nuove ambizioni per non far pagare alla Turchia un prezzo troppo alto. Vedremo. Attenzione, però: di tutti i leader mediorientali veri o presunti, lui è l’unico che è arrivato al governo del Paese per via democratica, con regolari elezioni. Delegittimarlo agli occhi dei 350 milioni di musulmani che vivono nella regione sarà un po’ più difficile.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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