USA E RUSSIA, IL PETROLIO NON PUZZA

Persino il gelido Vladimir Putin aveva la voce un po’ incrinata nell’annunciare l’accordo tra la russa Rosneft, colosso del petrolio controllato a livello azionario dallo Stato, e l’americana Exxon, la più grande compagnia petrolifera privata del mondo. C’è da capirlo: l’accordo può valere 500 miliardi di dollari entro i prossimi dieci anni, senza contare che le azioni Rosneft, all’annuncio della collaborazione, si sono subito apprezzate dell’8%.

Exxon si è impegnata a investire in tempi brevi 2,2 miliardi di dollari per esplorare il Mare di Kara, considerato ricco di petrolio, e un altro miliardo di dollari per analoghe prospezioni nel Mar Nero. La Russia apre dunque la porta di una delle sue cassaforti energetiche, e questo è ciò che la Exxon cercava. Il colosso Usa (discendente della Standard Oil fondata nel 1870 da John D. Rockefeller), inoltre, fa così definitivamente tramontare l’analogo accordo tra Rosneft e BP (British Petroleum), mai decollato a causa di contrasti tra BP e i suoi soci russi di minoranza.

La Russia, per parte sua, ci guadagna in denaro e in know how tecnologico, il suo punto più debole. Ci guadagna, però, anche da un altro punto di vista: la Exxon girerà a Rosneft quote di minoranza delle sue società impegnate nei progetti in acque profonde al largo del Golfo del Messico e a terra nel Texas. Un’apertura che Putin, da sempre teorico dell’uso “politico” delle risorse naturali della Russia (a questo dedicò la tesi di dottorato a San Pietroburgo), giudica un indispensabile rafforzamento dell’industria petrolifera di Stato.

Vladimir Putin con Rex Tillerson, presidente di Exxon.

Ma c’è un altro aspetto su cui portare l’attenzione. Rosneft era un’azienda tutto sommato secondaria fino al 2003. In quell’anno, proprio la Exxon si apprestava a chiudere un clamoroso accordo per rilevare un consistente pacchetto di azioni di Yukos, allora la più grande azienda russa del petrolio.

Qualche giorno dopo il viaggio a Mosca del presidente di Exxon, Lee Raymond, venne arrestato (e poi spedito in Siberia) il fondatore e principale azionista di Yukos: Mikhail Khodorkovskij. Negli Usa la detenzione di Khodorkovskij è stata ed è giudicata una clamorosoa violazione dei diritti civili. Il che non impedisce alla Exxon di siglare, oggi, quell’accordo che le fu vietato otto anni fa.

 

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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