Per vent’anni questo Paese è stato invaso da Silvio Berlusconi. A colazione, pranzo e cena. In Tv, allo stadio e in politica. Al G8 e sui giornali di gossip. Un diluvio. Un’overdose. Oggi la stampa italiana, per una volta unanime, chiede al Cavaliere una cosa sola: di farsi vedere, battere un colpo, dire qualcosa. Mostrare al mondo, insomma, che l’Italia ha ancora un primo ministro.
Mentre la speculazione internazionale si abbatte sulla nostra economia, e il secondo partito della maggioranza, la Lega Nord, si esercita sul folklore dei ministeri a Monza, il capo del Governo sparisce in una delle sue 21 ville. Non esattamente una prova da leader della nazione. Dicono che sia furente e amareggiato per la sentenza sul “lodo Mondadori”, per quei 560 milioni di euro che gli toccherà versare alla casse della Cir e del detestato rivale De Benedetti. Certo è una bella sommetta, e si può capire che Silvio, Marina e Piersilvio non siano proprio felici.
Hanno però di che consolarsi: Cir perde in Borsa più di Fininvest, le televisioni del Cavaliere sono in calo di ascolti ma guadagnano in pubblicità, presto il beauty contest per l’assegnazione delle frequenze beneficerà ulteriormente il Biscione a scapito delle Tv locali. Marina e Piersilvio lamentano una campagna d’odio nei confronti del padre, ma qualche vantaggio l’avrà pur avuto dirigere le aziende del Presidente del Consiglio, o no?
Resta il fatto che l’uomo del “miracolo italiano”, della crisi che non c’è, della crisi che comunque abbiamo già superato, della crisi che però affrontiamo meglio degli altri, nel periodo in cui i mercati ci mettono al rango di una qualunque Spagna, si nasconde. Comunque non se la sente. E in un certo senso ha ragione: detentore di una maggioranza che resiste solo in Parlamento, aggrappata a Scilipoti; firmatario di una finanziaria che grida di dolore oggi ma chiama il medico domani; da tre anni responsabile di un Governo che taglia i servizi essenziali e fa contemporaneamente crescere il debito pubblico, Berlusconi è stato sfiduciato dai mercati, cioè dal resto del mondo. I “grandi” sanno quando il loro tempo è scaduto.
Pubblicato su Famigliacristiana.it il 12 luglio 2011