BARACCA: “IL NUCLEARE? UN FALLIMENTO”

DI ALESSANDRO MICCI – Nel primo reattore nucleare, la pila di Fermi del 1942, la barra di controllo che serviva a spegnere il reattore era sospesa a una fune che doveva essere recisa a mano da un uomo con un’ascia, il Safety Control Rod Axe Man, ovvero SCRAM. “Il nucleare è una tecnologia che presenta costi enormi, completamente fuori mercato, tanto che negli Stati Uniti per spingere gli investimenti dell’industria nucleare il Governo ha dovuto mettere la propria garanzia sui prestiti di chi realizza le centrali”, dice Angelo Baracca, fisico, professore all’Università di Firenze che, insieme a Giorgio Ferrari Ruffino, esperto di combustibile nucleare che ha lavorato per anni all’Enel, è autore e curatore di SCRAM- La fine del nucleare (Jaca Book), al cui interno si trovano anche contributi di Ernesto Burgio e Mycle Schneider.

Secondo le tesi del libro siamo di fronte a una tecnologia non remunerativa e niente affatto sicura come si pensa, perché molto complessa e quindi difficile da gestire vista l’imprevedibilità delle situazioni che si possono presentare. Ci sono poi notevoli problemi di inquinamento: il nucleare non è del tutto privo di emissioni di CO2; c’è poi la questione della dismissione deelle centrali alla fine del periodo di esercizio e quella dei prodotti di scarto del ciclo di funzionamento, le cosiddette “scorie”.

E da ultimo, contrariamente a quanto si pensa, il nostro Paese non ne ha affatto bisogno in termini energetici.   “La questione della sicurezza”, dice Baracca, “è ampiamente sottovalutata. Per esempio: a Fukushima, si sente dire, c’è stato un incidente. Ma non è vero, ce ne sono stati tre, e per fortuna gli altri tre reattori erano spenti. Per non parlare poi delle piscine con le barre di combustibile irraggiato, anch’esse oggetto di incidente. Si tratta di barre che sono fuori da un contenitore primario ma continuano ad emettere calore. Una volta arrestata la reazione nucleare, infatti, e anche quando sono estratte dal reattore e messe a riposo nelle piscine, gli isotopi radioattivi che hanno accumulato continuano a decadere e a produrre energia. Se le barre non vengono opportunamente separate e raffreddate, la temperatura può salire fino ad arrivare alla fusione”.

Per quanto riguarda i costi nel caso giapponese si parla di danni che superano i cento miliardi di dollari, cifre come queste fanno capire come mai esistono convenzioni internazionali che limitano a poche centinaia di milioni di dollari le responsabilità per danni derivanti da incidenti nucleari, nessuna assicurazione coprirebbe un’impianto per premi così grandi da superare il bilancio di un piccolo Stato. Ecco perché i costi degli incidenti, tipo quello avvenuto a Fukushima, ricadono sulle spalle dei contribuenti.

Il professor Angelo Baracca.

“Un’altra fonte incontrollata della spesa nucleare”, aggiunge Baracca, “è rappresentata dai costi di smantellamento, per i quali non c’è nessuna vera esperienza su cui basarsi. Nel mondo ci sono circa 140 reattori spenti e 440 in funzione, 20 dei quali in fase di arresto. Tuttavia le esperienze di smantellamento completo riguardano solo piccole centrali da 40-50 Megawatt. Il che vuol dire che non esiste alcuna esperienza di smantellamento delle moderne centrali, che vanno dai 400 MW fino a superare i mille, e che sono buona parte di quelle in piena attività, in Francia come negli Stati Uniti. Dei relativi costi non si sa nulla”.

Secondo gli scienziati italiani, infine, è vero che il processo di fissione non produce CO2, ma tutto quello che sta a monte, e cioè l’estrazione dell’uranio e il suo arricchimento, richiede energia e quindi produzione di anidride carbonica. Secondo uno studio dell’MIT, citato dal professor Baracca, per un reale abbattimento delle emissioni a livello mondiale servirebbero migliaia di reattori nucleari, “ma in mezzo secolo”, conclude, “se ne sono costruiti solo 600. Dal punto di vista industriale il nucleare si è rivelato un colossale fallimento”.

di Alessandro Micci

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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