DI GIUSEPPE ROMANO
Nel 2010 sono stati venduti 33 videogiochi e 5 console al minuto, cioè 20 milioni di pezzi, per oltre un miliardo di euro. AESVI (l’associazione italiana dei produttori) informa che le console per giocare sono presenti in una famiglia italiana su due. In Italia, oggi, “consumiamo” più videogiochi che Dvd o canzoni. Il fatturato dei libri è appena il doppio. È giusto chiedersi quale sia l’impatto culturale e sociale di una simile invasione.
Accostare i videogiochi ai film e ai libri non è esagerato né sbagliato. Sbagliata, invece, è la diffusa tendenza a minimizzarli, relegandoli nel girone poco serio dei giocattoli e dei passatempi: tendenza agevolata da una prassi commerciale che poco si cura dei contenuti al cospetto di vendite così allettanti. Ma, ammesso e non concesso che i commercianti si disinteressino della qualità in nome della quantità (molti videogiochi sono kolossal dal punto di vista produttivo, non li si può in alcun modo sottovalutare), né le famiglie né la scuola possono permettersi questo lusso. Insieme alle console che affollano soggiorni e camerette nelle versioni “da tavolo” e portatili, in mano a grandi e piccini vanno storie, sfide e avventure di tutti i generi ma accomunate dalla enorme fascinazione che offre un mezzo interattivo: dove non ci si limita a guardare ma si diventa protagonisti, attorniati da messaggi sonori, visivi e narrativi di grandissima efficacia.
Non credo al luogo comune del “divario digitale”. Non è vero che gli adulti siano tutti imbranati “immigrati digitali” incapaci star dietro ai loro figli “nativi”. Proprio i videogiochi dicono che non è così: molti trentenni-quarantenni giocavano da ragazzini e sanno bene di che mondo si tratti. Esistono giochi interessanti, positivi, capaci di sollecitare la fantasia e anche la socialità, il gioco in famiglia. Certo, ce ne sono altri negativi, dannosi: così come ci sono libri e film da evitare. Da evitare, soprattutto, è l’uso sconsiderato del gioco come surrogato dell’asilo nido e dell’attenzione genitoriale. È questa la violenza peggiore, non le sparatorie.
di Giuseppe Romano (autore del blog “Family Game” su Famigliacristiana.it)
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