QUANDO L’AFRICA BUSSA ALLA PORTA

L’incredibile distanza della politica dalla realtà, o se volete l’incredibile scarto tra la dimensione dei problemi e la capacità di visione dei Governi, si misura appieno sul tema delle migrazioni. Uso apposta questo termine, perché c’è un problema mondiale di migrazioni che comprende, e ovviamente supera, lo sterile dibattito nostrano (ma anche europeo) sull’immigrazione.

Lo ha spiegato bene Antonio Golini (studioso di demografia, membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei e  docente alla Luiss), in collaborazione con Cristiano Marini (Univeristà La Sapienza di Roma) nel rapporto presentato dal Cnel e intitolato Flussi di popolazione, strutture socio-economiche, prospettive migratorie dell’area euro-africana. Il titolo è da studiosi ma la sostanza riguarda tutti noi e può essere sintetizzata così: da oggi fino al 2050 la popolazione dell’Europa continuerà a calare mentre quella dell’Africa continuerà a crescere. L’Europa passerà da 733 a 691 milioni di abitanti; l’Africa del Nord da213 a 321 milioni di abitanti; l’Africa sub-sahariana da 863 milioni a 1,7 miliardi di abitanti. Risultato inevitabile: ogni anno, da un milione e mezzo a due milioni di africani emigreranno in Europa.

Ci sarà, ovviamente, chi grida alla tragedia, al disastro, alla fine di una civiltà. Ma non è detto che sia così o, per meglio dire, dipende da noi che ciò non avvenga. Intanto, sarebbe buona cosa rivedere le politiche familiari, in molte parti d’Europa (Italia compresa) neglette, per almeno frenare il declino demografico del continente. Poi va considerato che l’Europa, una delle aree più industrializzate del pianeta, ha bisogno di lavoratori per far girare l’economia. E da qui al 2050, in Europa, la popolazione in età da lavoro diminuirà di ben 103 milioni.

Ma come ha sottolineato Giulio Alessandrini, responsabile del Comitato immigrazione del Cnel, è soprattutto importante che si faccia un salto di qualità politico nell’approccio al problema. E’ pensabile, di fronte a un fenomeno di quelle dimensioni, che l’Europa proceda in ordine sparso senza elaborare una efficace politica comune? E’ credibile che la soluzione sia mettersi d’accordo con questo o quel Gheddafi perché rastrelli i migranti che gli capitano sotto tiro? Possiamo continuare a tirare il Trattato di Schengen di qua e di là, pensando che ogni singolo Paese (vero Francia? Vero Danimarca?) possa tenerlo o abolirlo a ogni stormir di fronda? Possiamo andare incontro ai prossimi anni se trattiamo come una catastrofe l’arrivo di 25 mila migranti spinti verso di noi da guerre e rivoluzioni?

Alessandrini ha detto che “l’Europa deve mettere l’immigrazione come punto centrale della politica estera”. Parole sante. Ne consegue (ma questo lo diciamo noi) che ogni Paese dovrebbe mettere l’Europa al centro della propria politica. Purtroppo, almeno per ora, succede l’esatto contrario.

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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