Che succede a Mosca? Una cosa molto semplice: si avvicinano le elezioni: quelle parlamentari in autunno, quelle presidenziali nella primavera del 2012. Le due scadenze stanno obbligando un po’ tutti, dal Cremlino all’ultimo degli elettori, a decidere se cambiare radicalmente strada o proseguire con la politica dei compromessi.
Mentre gli otto anni del potere quasi assoluto di Vladimir Putin presidente (2000-2008) hanno visto una crescita della stabilità interna, un miglioramento dell’economia e un riflusso nel disinteresse per la politica, i quattro anni di Putin primo ministro e Dmitrij Medvedev presidente (2008-2012) sono stati caratterizzati da una sostanziale stagnazione (al 4% la crescita nel 2010, contro il 10% medio degli altri Paesi del Bric) che, paradossalmente, ha rilanciato una minima partecipazione collettiva alle vicende del Paese. Da qui, e dalla crisi economica globale che ha colpito anche la Russia, una serie di proteste e iniziative politiche che hanno colto di sorpresa sia il Governo (Putin) sia la presidenza (Medvedev).
Difficilmente sostenibile è ormai anche il compromesso tra Putin e Medvedev, o almeno tra le loro figure pubbliche. Il primo impegnato a ribadire il ruolo dello Stato nella gestione dell’economia, il secondo a rilanciare le esigenze del mercato e della concorrenza. Nei fatti, però, il “poliziotto buono” Medvedev ha ceduto il passo al “poliziotto cattivo” Putin, con le conseguenze di cui si diceva (i problemi del 2008 sono ancora tutti sul tavolo, a cominciare dalla ristrutturazione dell’apparato produttivo), a cui bisogna aggiungere la perdurante diffidenza degli imprenditori stranieri per un’economia dominata dai clan e regolata soprattutto dal carattere delle relazioni con il potere centrale.
Proprio citando la perenne scarsità degli investimenti esteri, il presidente Medvedev ha varato un decreto che impedisce ai ministri e ai vice-primi ministri di assumere cariche nei consigli d’amministrazione delle grandi aziende pubbliche. Devono cedere il posto personaggi come Igor Sechin (vice-primo ministro e presidente di Rosneft, azienda petrolifera), Aleksej Kudrin (ministro delle Finanze e presidente della banca Vtb), Sergej Shmatko (ministro dell’Energia e consigliere d’amministrazione di Gazprom e Transneft), Igor Levitin (ministro dei Trasporti e presidente di Aeroflot) e diversi altri.
Una mossa che, in teoria, può infrangere proprio quella vertikal vlasti (catena di comando) che Putin ha con pazienza costruito per garantire al potere centrale il controllo del Paese. E’ presto per capire se Medvedev sta cercando di rottamare la tutela di Putin e far avanzare una propria linea politica, un po’ più aperta e liberale. Ma le elezioni incombono, quindi lo sapremo presto. Anche perché Medvedev, nel suo primo anno di presidenza, fece passare un altro decreto: quello che portava il mandato presidenziale da 4 a 6 anni. Le elezioni del 2012 conteranno di più.