L’IRAN E LA CENTRALE, QUATTRO LEZIONI

Gli Usa non si sono mossi, Israele non ha bombardato e la prima centrale nucleare dell’Iran (tra due mesi, quando sarà collegata alla rete elettrica, sarà anche la prima centrale nucleare a produrre energia in Medio Oriente) è entrata ufficialmente in funzione. L’impianto, da mille megawatt di potenza, si trova a Bushehr, nel Sud del Paese, ed è diventato di fatto inattaccabile da quando, ieri, le barre di uranio sono entrate nel reattore: colpirlo adesso significherebbe scatenare un disastro atomico al cui confronto Cernobyl sembrerebbe uno scherzo.

La centrale nucleare di Bushehr: è la prima dell'Iran e tra due mesi sarà la prima a produrre energia elettrica in tutto il Medio Oriente.

La centrale nucleare di Bushehr: è la prima dell'Iran e tra due mesi, quando sarà collegata alla rete, sarà la prima a produrre energia elettrica in tutto il Medio Oriente.

Inutile sottolineare l’importanza dell’evento. Mi preme di più, quindi, cercare di capire quali lezioni si possano trarre dai fatti, riguardo soprattutto alle polemiche che da anni circondano i progetti di nucleare civile e militare dell’Iran.

  • La prima e più evidente considerazione: gli embarghi contro questo o quel Paese sono un arnese superato. Servono solo a far soffrire la popolazione e, semmai, a rafforzare il regime che la opprime. E’ successo con la Cuba di Fidel Castro, l’Iraq di Saddam Hussein (secondo stime Onu comunemente accettate, l’embargo durato 15 anni avrebbe causato la morte di 500 mila bambini), e l’Iran di Mahmud Ahmadinejad e degli ayatollah, che proprio sotto embargo ha completato un progetto (quello di Bushher, appunto) avviato trent’anni fa. Per essere (forse) efficace un embargo dovrebbe raccogliere l’adesione di tutti i Paesi che non siano quello “colpito”. Ma questo non succede mai, e infatti gli embarghi non hanno mai l’effetto sperato.
  • Secondo (e in parte conseguente): la diplomazia internazionale (e quella occidentale in particolare) devono adeguarsi a una situazione radicalmente mutata e trovare strade nuove e più smaliziate. La politica degli embarghi aveva una certa logica quando l’Occidente e qualche suo alleato (il Giappone, per esempio) detenevano la totalità, o quasi, del potere economico mondiale. Oggi, invece, la Cina ha la secondo economia del pianeta, India e Brasile crescono, i Paesi asiatici del Dragone si fanno sentire, la Russia può far pesare le proprie riserve energetiche. E a proposito di Russia: ha ragione chi dice che a Bushehr è soprattutto Mosca a vincere. Ha fatto da broker tra l’Iran e il resto del mondo (Usa e Israele soprattutto) e ha portato a casa un contratto faraonico in un progetto strategico per tutto il Medio Oriente.
La posizione di Bushehr sulla mapa dell'Iran.

La posizione di Bushehr sulla mappa dell'Iran.

  • Terzo: da anni, anche sull’esempio dell’Iran, diversi Paesi mediorientali (dall’Arabia Saudita all’Egitto) stanno firmando contratti con aziende europee per arrivare ad avere centrali nucleari per uso civile. E’ chiaro che sarebbe difficile sostenere che l’Egitto o l’Arabia Saudita possono avere il nuclear e l’Iran no. Certo, noi dell’Egitto ci fidiamo e dell’Iran no. E poiché passare dal nucleare civile a quello militare è relativamente facile, non dobbiamo abbassare la guardia. Ma le situazioni possono cambiare: che cosa succederà al Cairo, per esempio, quando non ci sarà più Hosni Mubarak al potere? Insomma, il pericolo può venire da diverse parti. Ragionare a quel modo servirebbe a poco, dunque, e sarebbe un grosso regalo agli ayatollah. Resta ovviamente il fatto che Ahmadinejad minaccia una volta al mese di distruggere Israele. Questo significa che solo potenziando gli organismi internazionali di controllo (in questo caso, l’Agenzia per l’energia atomica dell’Onu), e non indebolendoli come voleva la disgraziata amministrazione Bush, si possono garantire certi diritti e disinnescare certi pericoli.
  • A proposito di pericoli: da quasi dieci anni, ormai, ci sentiamo ripetere che l’Iran “ha” o “sta per avere” o è “molto prossimo a costruire la bomba atomica”. Adesso sappiamo che non è vero e la stessa amministrazione Obama sostiene che tra l’Iran e la bomba c’è almeno un altro anno di lavoro senza intoppi. Stessa storia per la centrale nucleare di Bushher, che è gestita dai tecnici russi e controllata dai tecnici dell’Agenzia Onu. L’uranio per farla funzionare arriva dalla Russia, il combustibile spento (quello da cui si potrebbe estrarre il plutonio per costruire la bomba) torna in Russia, il deposito delle barre di uranio è controllato dagli uomini dell’Onu. Nessun pericolo, quindi. E infatti tutto il mondo accetta l’impianto di Bushher tranne Israele che lo considera “inaccettabile”, aggiungendo in una dichiarazione un po’ goffa del ministero degli Esteri che “‘è del tutto inaccettabile che un Paese che viola in modo cosi’ manifesto (i trattati internazionali) possa godere dei frutti (prodotti) dall’uso di energia nucleare”. Israele ha molte ragioni e un comprensibile bisogno di sentirsi al sicuro. Ha la capacità, inoltre, di mobilitare influenti gruppi di pressioni in molti Paesi. Ma se avessimo dato retta a certa propaganda, avremmo bombardato l’Iran già qualche anno fa per una bomba atomica che non esisteva se non nelle frottole dei suddetti gruppi. Cioè avremmo dovuto imbarcarci in un’altra guerra solo per far piacere a Israele. Questo per dire che non sempre i “buoni” (come Israele) hanno ragione e non sempre i “cattivi” hanno torto. E anche i buoni, di tanto in tanto, dicono le bugie.
Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

4 Commenti

  1. Enrico Usvelli said:

    Israele ha molte ragioni, ma è anche uno dei primi al mondo per risoluzioni ONU disattese. Dopo non si può lamentare se non gli danno retta.

  2. Fulvio Scaglione said:

    Caro Enrico,
    come sai sul tema delle risoluzioni disattese la polemica procede da molti anni, ma senza gran costrutto. Io penso soprattutto una cosa: se sei una superpotenza economica e militare (e non c’è dubbio che Israele, nel Medio Oriente, lo sia) devi anche comportarti di conseguenza. Oneri ed onori.

    Ciao, a presto

    Fulvio

  3. Maximilian said:

    Faccio fatica a trovare Israele un “buono”, però ho apprezzato il suo articolo di critica se vogliamo “moderata”. Credo comunque che in certi ambienti a Washington e Tel Aviv si lavori alacramente per portare a una situazione che possa creare un conflitto militare con l’Iran.

  4. Fulvio Scaglione said:

    Caro Maximilian,
    (scusa il “tu” abusivo ma qui, credo, siamo tra amici, o almeno buoni conoscenti)
    il rischio di una guerra contro l’Iran mi pareva più forte qualche tempo fa. Non credo che i “falchi” si siano rassegnati del tutto, ma in questo momento sarebbe un’impresa troppo folle anche per loro. Spero.
    Ciao, a presto

    Fulvio

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