“PRIMA I LAVORATORI”. QUANDO LE COSE DI SINISTRA LE DICE IL PAPA

“La priorità va data ai lavoratori e alle loro famiglie”. Dai e dai, è toccato a Benedetto XVI, cioè al Pontefice che ha ripristinato la messa in latino e riammesso nella Chiesa i lefebvriani, dire “una cosa di sinistra”, ridare dignità alla categoria ormai obsoleta dei “lavoratori”, riconoscere con franchezza che la crisi c’è e colpisce duramente proprio coloro che già non erano in testa alle graduatorie del benessere.

              Non mi stupisco, sono più o meno due millenni che la Chiesa frequenta le trincee della solidarietà e dell’umana compassione. Fa però una certa impressione sentire il successore di Pietro elencare durante l’Angelus il dramma di Pomigliano d’Arco (5.500 operai in cassa integrazione a 750 euro al mese e altri 9 mila lavoratori dell’indotto che rischiano il posto), i timori del Sulcis-Iglesiente, lo stillicidio di risorse nel distretto tessile di Prato, dove in pochi anni hanno chiuso oltre 2 mila imprese locali e 9 mila posti di lavoro sono andati perduti. Tocca al Papa la cronaca della crisi? Tocca al Pontefice tedesco la conta dei caduti sul fronte della frana economica? Tocca al teologo Ratzinger insinuare il dubbio che forse quella definizione della Repubblica, “fondata sul lavoro”, è meno assurda di quanto alcuni vogliano farci credere?

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      In realtà, oggi alla Chiesa tocca anche il dovere di una presenza e di una testimonianza che le agenzie sociali tradizionali (partiti, sindacati) sembrano sempre meno attrezzate a svolgere. Qui, ormai, si parla solo di ronde, rumeni e Veline, mentre il Prodotto interno lordo s’affloscia (- 1% nel 2008, mentre in Germania cresceva dell’1,3%, negli Usa dell’1,1%, in Gran Bretagna e Francia dello 0,7%) come prima era successo solo nel 1975, lo Stato brucia le riserve (l’avanzo primario, cioè la differenza tra entrate e spese pubbliche, era del 3,5% a fine 2007 e del 2,5% a fine 2008) e il Paese s’impoverisce, con la disoccupazione lanciata verso il 9% e il ricorso alla cassa integrazione cresciuto del 68% nel solo 2008. Il Papa, all’Angelus, ha “presentato” i lavoratori di Pomigliano agli altri convenuti a piazza San Pietro dicendo di loro: “Sono venuti a manifestare la loro preoccupazione per il futuro”. Quale futuro possono immaginare, in tempi come quelli attuali, i 3-4 milioni di lavoratori precari che non possono neppure contare su uno straccio di “ammortizzatore sociale”?

      Dario Franceschini, neo-leader del Pd, ha lanciato una proposta discutibile ma non folle, quella dell’assegno per chi perde il posto di lavoro. Molti ne hanno parlato bene, altri male, nessuno ha notato che l’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, aveva istituito sotto Natale il Fondo Famiglia-Lavoro per le famiglie in un modo o nell’altro colpite dalla perdita dell’occupazione e del salario, con largo anticipo sulle proposte e sulle discussioni dei politici. E prima ancora di Tettamanzi si erano mossi in modo analogo molti altri vescovi di ogni parte d’Italia, per esempio in quella Toscana ch’è stata citata dal Papa tra le aree in difficoltà.

      Agli interventi “sociali” di papa Ratzinger di solito viene dedicata scarsa attenzione, e non per caso. A destra ci sono certi energumeni del darwinismo sociale (quelli che, come fece il ministro Brunetta in tv, dicono: “Se uno perde il lavoro, troverà qualcos’altro”) che evidentemente non gradiscono, a sinistra ci sono i laicisti che preferiscono inchiodare il Papa allo stereotipo dei religioso conservatore. Normale, dunque, che pochi abbiano badato alle parole che il Pontefice ha rivolto a don Giampiero Ialongo durante l’incontro con i parroci di Roma (www.vatican.va, sezione discorsi del Papa) che si è svolto il 26 febbraio. Lì Ratzinger ha parlato di macrogiustizia (la denuncia, definita “un dovere” per la Chiesa, degli “errori fondamentali” della costruzione economica, in primo luogo “l’avarizia come idolatria” del denaro) e di microgiustizia (la “conversione dei cuori”, la fine dell’egoismo individuale). Ma ha anche aggiunto, e la cosa mi pare essenziale, che “se non annunciamo la macrogiustizia, quella micro non cresce. Ma se non facciamo il lavoro umile della microgiustizia, anche quella macro non cresce”.

       Gli esegeti del Papa, quasi sempre improvvisati e interessati, sono una piaga della nostra epoca. Vale anche per me, che non posso trattenermi dall’interpretare (laicamente) le sue parole in questo modo: una società basata sulla sola libertà individuale non può reggersi se non è accompagnata anche dalla ricerca della solidarietà e della giustizia. E viceversa: l’ambizione dell’uguaglianza è un disastro senza la libertà dell’individuo.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

2 Commenti

  1. Fabio Cangiotti said:

    Il Papa è un grande, non c’è dubbio, nell’individuare e denunciare con sapienza e libertà le cose che non vanno. Ai lefebvriani è stata rimossa la scomunica (gesto di clemenza), ma non saranno “riammessi” nella Chiesa fino a che non riconosceranno il Concilio e il post-Concilio.
    Queste cose vanno specificate, perchè ci sono un sacco di sapientoni, anche molti intellos cattolici, che avallano la favola del Papa restauratore di destra.

  2. Fulvio Scaglione said:

    Caro Fabio,
    sono d’accordo su tutto, e soprattuto sulla superficialità con cui si guarda a questo Papa, anche da ambiti cattolici. Se posso permettermi: va benone il gesto di clemenza, ma dei lefebvriani non si sentiva la mancanza. Deto questo, tornino pure, anche se appena arrivati hanno già fatto danni.
    C, a presto

    Fulvio

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