INTERVISTA: DAN BAHAT, L’UOMO CHE HA SCAVATO NEL CUORE DI ISRAELE

      Ha scavato al Muro del Pianto, portando alla luce il tunnel che scorre alla sua base. Ha scavato a Masada. E’ stato per molti anni l’archeologo ufficiale di Gerusalemme. Il suo “Atlante di Gerusalemme” è sempre il caposaldo di tutti gli studi sulla città. Il professor Dan Bahat (foto sotto), come un chirurgo, ha operato al cuore la storia di Israele e quindi anche la storia islamica e cristiana.

 “Nei primi anni noi ebrei eravamo ansiosi di portare le prove che questo è il nostro Paese. Ogni studioso voleva ritrovare almeno una sinagoga, l’archeologia era un cavallo attaccato al carro del sionismo. Quella fase, però, è finita per sempre. Un esempio: la mia tesi di dottorato era sulla Gerusalemme dei crociati, che per gli ebrei fu un olocausto. Venivano bruciati, annegati, venduti come schiavi, furono cacciati dalla città. Malgrado ciò, mi interessa il fatto storico e culturale. Ancora: sono israeliani alcuni dei massimi esperti di architettura e ceramica islamica. In ogni caso, per me scavare un sito ebraico, musulmano o cristiano è la stessa cosa”. 

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 – Lei ha lavorato a Masada, baluardo della resistenza ai romani. Oggi pare più un simbolo politico che non un sito archeologico.       “No, proprio no. Masada è fondamentale per la scienza. Per molti anni gli archeologi hanno parlato di “epoca del secondo tempio”, definizione che comprende i maccabei ed Erode fino alla distruzione del tempio, cioè dal secondo secolo a.C. al 70 d.C. Solo dopo la Guerra dei Sei Giorni, e proprio grazie agli scavi a Masada, Gerico e nel quartiere ebraico di Gerusalemme, abbiamo capito che cosa riguarda i maccabei, che cosa Erode e così via. Dal 67 fino al 73 Masada fu occupata dagli zeloti: ogni ceramica o iscrizione trovata lì è decisiva per datare tanti altri siti”.

– E per lei, scavare a Masada, che cosa ha voluto dire?                      “Mi piaceva il deserto, dormire nella tenda, guardare le stelle… Scherzi a parte: per me non era un monumento ma un luogo con moltissime cose da raccontare”.

– Professore, non riuscirà a farmi credere che anche scavare sotto il Muro del Pianto…                                                                               “Intanto, bisogna dire che lo studio di Gerusalemme è una scienza a parte. Un archeologo impegnato nel Negev o in Galilea rischia di non capire nulla di questa città. E magari non gliene importa nulla. Io ho cominciato a studiarla nel 1964, prima della guerra dei Sei Giorni. Un giorno sono andato sul tetto di Notre Dame per guardare la Città Vecchia, che allora stava appena al di là della frontiera, e pensavo: sono israeliano, farò in tempo ad andare sulla Luna prima di mettere piede laggiù. E invece… Ma quello che voglio dire è che ci voleva una passione particolare per intraprendere certi studi in una certa epoca”.

– Anche al Muro del Pianto, dunque, solo scienza e niente sentimento?                                                                                                   “Non sono religioso, anzi. In Israele la religione è intrecciata con la politica e questo per me è male. Sono l’unico laico nel gruppo che si occupa del Muro, lavoro bene con le persone religiose ma non ho sentimenti religiosi. Che ci posso fare? In più, ho appena scritto un articolo intitolato: Da quando pregano gli ebrei al Muro del Pianto? Ebbene, sono giunto alla conclusione che ciò accade da non più di 300-400 anni. Per uno come me, che si sente anello di una catena cominciata nei giorni di Abramo, tre o quattro secoli non sono nulla. Se visitate il tunnel ai piedi del Muro, vedrete che i pannelli parlano dei musulmani non meno che degli ebrei. Li ho scritti io così, perché credo che quel luogo rappresenti tutta la storia di Gerusalemme e i contributi di tutti coloro che vi hanno vissuto e operato. Piuttosto…”.             – Piuttosto?                                                                                                    “Quando vado al Muro del Pianto con i miei amici cristiani, dico loro: questo è un posto che dovrebbe esservi caro, perché quasi tutte le meraviglie che Gesù fece a Gerusalemme le fece qui, al Tempio. Posso mostrarvi il luogo concreto dove Gesù insegnò ai rabbini quando aveva 12 anni, quello da cui cacciò i mercanti.  E poi gli chiedo: perché quando venite qui ammirate l’arte musulmana e dimenticate che questo è per voi un luogo santo, molto più della Via Dolorosa che è un’invenzione francescana del Quattordicesimo secolo? Qual è il problema? Non capite o avete paura dei musulmani?”. 

       Questa intervista, frutto di un lungo colloquio con il professor Bahat nella sua casa ale porte di Gerusalemme, è stata pubblicata in versione meno estesa su Famiglia Cristiana n.35 del 31 agosto 2008   http://www.famigliacristiana.it  

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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