SPORT E POLITICA: DA MANDELA A PANATTA

In una delle scene più intense di “Invictus”, il film in cui l’ottantenne Clinton “Clint” Eastwood offre un altro saggio della sua irresistibile giovinezza artistica, Morgan Freeman-Mandela dice a Matt Damon-Pinaar: “Qualche volta bisogna andare oltre le proprie aspettative”. E’ l’uomo che ha resistito 27 anni in una cella di Ellis Island a parlare, e in qualche modo a confessarsi al ragazzone bianco che guida la nazionale sudafricana di rugby. Ma è anche il fine politico, il Presidente che poche sequenze prima (nella realtà, il 12 giugno 1994) aveva convocato lo stesso Pinaar e, non per passione sportiva ma per intuito politico e addirittura per calcolo, gli aveva chiesto di aiutarlo a piantare proprio negli stadi il seme della convivenza tra i bianchi che avevano gestito l’apartheid e i neri che l’avevano brutalmente subita.

Morgan Freeman-Mandela con Matt Damon-Pinaar in una scena di "Invictus".

Morgan Freeman-Mandela con Matt Damon-Pinaar in una scena di "Invictus".

E’ un passaggio molto fine del film, e prima ancora di Ama il tuo nemico, il libro di John Carlin da cui il film è tratto, perché in moltissimi altri casi sport e politica si sono mescolati a tal modo. Nel modo, cioè, in cui l’amore si mescola alla speculazione, il sentimento al ragionamento, il bene al male, e pure il caso alla volontà. La stessa intesa tra Nelson Mandela e Francois Pinaar, diventata poi rapporto di reale affetto personale (Mandela è anche padrino di Jean, figlio primogenito del rugbysta), aveva le radici in una serie di eventi cominciata in Sudafrica più di trent’anni prima, nel 1960: il 21 di marzo i poliziotti bianchi avevano ucciso 69 dimostranti neri durante un corteo pacifico di protesta (il “massacro di Sharpeville”) e poco dopo gli All Blacks, la mitica squadra di rugby della Nuova Zelanda, erano andati a giocare nel Paese dell’apartheid escludendo tutti i propri giocatori di origine maori (quindi non bianchi), chinando così il capo alle teorie segregazioniste del Paese ospitante.

Le cose sarebbero però cambiate nel giro di qualche anno. Nel 1967 gli All Blacks rifiutarono di umiliare ancora i giocatori maori e non giocarono col Sudafrica. La squadra di cricket dell’Inghilterra, a sua volta, respinse un altro ricatto delle autorità sudafricane: chiedevano che gli inglesi togliessero il posto in squadra al battitore Basil D’Oliveira, inglese nato in Sudafrica e non bianco. Un altro passo e siamo alle Olimpiadi di Montreal del 1976: le nazioni africane chiedono l’esclusione della Nuova Zelanda, proprio a causa dei rapporti con il Sudafrica, a sua volta già fuori dai Giochi. Il Comitato olimpico si oppone e come conseguenza solo Senegal e Costa d’Avorio si presentano alle gare. Ai cinque cerchi olimpici ne manca uno intero, l’Africa.

La cerimonia inaugurale delle Olimpiadi di Mosca (1980), boicottate dai Paesi dell'Occidente.

La cerimonia inaugurale delle Olimpiadi di Mosca (1980), boicottate dai Paesi dell'Occidente.

A proposito di sport e politica: Montreal 1976, dove peraltro non c’è la squadra di Taiwan a causa della dura opposizione della Cina, inaugura un trittico di clamorosi boicottaggi a sfondo politico. A Mosca 1980 manca l’Occidente perché l’Urss, nel dicembre del 1979, ha invaso l’Afghanistan; a Los Angeles 1984, per ritorsione, mancano i Paesi socialisti. C’è però la Cina, che per la prima volta partecipa a Giochi a cui è iscritta anche Taiwan. E c’è pure, caso isolatissimo, la Romania, il cui portabandiera entra nello stadio accolto dal boato festoso e vendicativo del pubblico americano.

E’ chiaro che fin troppo spesso gli Stati hanno cercato di mettere le mani sullo sport, e i politici di sfruttare gli sportivi e i loro record. Nell’Iraq di Saddam Hussein era uno dei ferocissimi figli del dittatore, Uday (l’altro era Qusay), a dirigere la federazione del calcio, facendo torturare gli atleti che secondo lui non s’impegnavano in campo. E anche senza

Le bandiere di Pakistan e India prima di un incontro di cricket.

Le bandiere di Pakistan e India prima di un incontro di cricket.

raggiungere certi estremi, ci sono questioni enormi e complicate che non si vergognano di cercare una via d’uscita tra campi in erba, righe in gesso e spogliatoi. Il cricket è uno sport di cui a noi latini sfuggono persino le regole. Ma è lo sport principe per India e Pakistan e quando s’incontrano le due nazionali l’audience televisiva supera regolarmente il miliardo di spettatori. Divisi da una traumatica indipendenza nel 1948, da un confine turbolento, da due guerre (1956 e 1971), dalla ricorrente minaccia del ricorso all’arma atomica, da due fedi (islam e induismo) spesso in conflitto, questi Paesi hanno spesso affidato al cricket il compito di sopire, o magari accentuare, le reciproche diffidenze.

Nel 2003-2004 e nel 2006 le partite giocate prima dall’India in Pakistan e poi dal Pakistan in India si guadagnarono il nome di Friendship Series (Serie dell’Amicizia) e il fair play mostrato dalle due squadre nell’incontro del 2007 in Sudafrica durante la Coppa del Mondo fece parlare di cricket diplomacy (diplomazia del cricket). Il problema è che in politica non c’è moviola: all’inizio del 2009 la tournée della nazionale dell’India in Pakistan fu invece cancellata perché ancora non si erano placate le tensioni seguite agli attentati di Mumbai (novembre 2008).

Va detto anche, per onestà, che non mancano i casi in cui è stato lo sport a prender la mano alla politica e a stravolgere le sue pretese. Nel 1968 i carri armati sovietici invasero la Cecoslovacchia e stroncarono la

La Nazionale di hockey della Cecoslovacchia festeggia la storica vittoria contro quella dell'Urss.

La Nazionale di hockey della Cecoslovacchia festeggia la storica vittoria contro quella dell'Urss.

Primavera di Praga. Seguì la cosiddetta “normalizzazione” nel segno della fedeltà all’Urss: in agosto Gustav Husak divenne primo ministro, in ottobre fu firmato l’accordo che sanciva il diritto delle truppe sovietiche a stazionare in territorio cecoslovacco, in gennaio fu istituita la Repubblica socialista. Ma il 28 di marzo, durante i campionati mondiali di hockey su ghiaccio in corso a Stoccolma, la nazionale della Cecoslovacchia incontrò quella dell’Urss. Non fu una partita ma una battaglia senza esclusione di colpi in cui i cecoslovacchi fecero intendere che cosa pensavano dei russi (nell’hoceky, campioni del mondo in carica) e dell’invasione. Vinsero 4 a 3 e decine di migliaia di persone scesero in piazza a Praga per celebrare il trionfo.

Adriano Panatta ai tempi della vittoria in Coppa Davis.

Adriano Panatta ai tempi della vittoria in Coppa Davis.

Qualcosa di analogo si è avuto anche nella storia dello sport italiano, tra l’altro in uno dei suoi momenti più belli. Nel 1976 la squadra di Coppa Davis si qualificò per la finale battendo l’Australia. L’ultimo avversario era il Cile, da affrontare in casa sua dopo che l’Urss gli aveva spianato la strada ritirandosi dalla competizione. La squadra sovietica voleva così protestare contro il regime del dittatore Pinochet, salito al potere nel 1973 con il golpe contro il presidente Allende. Anche in Italia si discusse molto: andare o non andare? Una volta partiti, al momento di giocare, il campione più prestigioso, Adriano Panatta, ebbe un italico colpetto di genio: i nostri sarebbero scesi in campo indossando una maglietta rossa, una piccola ma evidente provocazione per il regime militare. Portò fortuna: vincemmo la Davis, l’unica della nostra storia.

Pubblicato sull’Eco di Bergamo

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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