L’ultima strage a Baghdad, dove due autobomba hanno ucciso 130 persone nel “quartiere dei ministeri” (già colpito in agosto; vedi il post “La grande strage di Baghdad”), ha destato le reazioni che ben conosciamo: orrore per la crudeltà dei terroristi, pena per i morti, timore per la stabilità del Paese, mai davvero pacificato. E poi, certo, le analisi politiche. Vorrei qui portare l’attenzione su un problema drammatico la cui connessione al terrorismo viene spesso trascurata: i profughi.
Molti infatti ignorano che vi sono tuttora 5 milioni di iracheni sfollati (sono tali coloro che hanno abbandonato la propria casa e si sono trasferiti in un’altra zona del Paese) o rifugiati (quelli che, invece, sono fuggiti oltre il confine nazionale), pari al 20% della popolazione totale dell’Iraq. Il che rappresenta il più grande movimento di popolazione del Medio Oriente dopo la diaspora dei palestinesi nel 1948.
Gli attentati che scuotono Baghdad, e che si sono intensificati da quando (30 giugno 2009) le truppe Usa hanno passato a quelle irachene il controllo del territorio, trasmettono una sensazione di insicurezza e precarietà che si riflette immediatamente sulla comunità dei profughi, sempre meno convinti della possibilità e della convenienza di rientrare in patria. E poiché gli iracheni che sono riusciti a rifugiarsi all’estero sono quasi sempre esponenti della migliore borghesia (commercianti, professionisti, medici, insegnanti, quelli che avevano i contatti e i quattrini per ipotizzare una partenza), il loro mancato rientro contribuisce fortemente a rallentare la rinascita civile, politica ed economica del Paese.
La migrazione forzata, inoltre, è andata a insistere su una regione, la cosiddetta Mezzaluna Fertile, che aveva già dovuto fare i conti con simili tragedie. Prima con le feroci repressioni di Saddam Hussein, in particolare contro i curdi alla fine degli anni Ottanta: secondo i calcoli della Commissione degli Stati Uniti per i rifugiati e gli immigranti, quelle campagne da sole avevano provocato 800 mila sfollati e 1 milione e mezzo di rifugiati, espatriati in gran parte verso l’Iran. Poi venne la prima Guerra del Golfo. Il conflitto provocò direttamente almeno altri 500 mila sfollati e rifugiati; le repressioni organizzate da Saddam contro le popolazioni sciite del Sud, che avevano approfittato dell’occasione per ribellarsi, fecero invece migrare altre 300 mila persone.
(1. continua)