DON LEONARDO ZEGA, E’ MORTO UN GRANDE

Lui aveva cominciato a dirigere Famiglia Cristiana nel 1980, io fui da lui assunto nel 1984. Tre settimane fa, nella solita cerimonia natalizia in cui ogni anno vengono consegnati, tra l’altro, i riconoscimenti alla fedeltà aziendale, lui commentò il premio ai miei 25 anni dicendo: “Per Scaglione qualche responsabilità ce l’ho io”. Due ore fa don Leonardo Zega, nato nel 1928 a Sant’Angelo in Pontano (Macerata), è morto stroncato da un infarto, il terzo da che lo conoscevo. Ma era un duro, ha vissuto fino all’ultimo. Per Capodanno ci siamo scambiati gli auguri, il suo Sms diceva: “Un saluto dal Monte Sinai”. Ed era un generoso: quel suo sorriso storto e quella specie di conferma, alla festa di Natale, lui ormai vecchio e io ormai di mezza età dopo essersi conosciuti lui giovane e io ragazzo, è stato un ultimo e preziosissimo regalo.

  

Don Leonardo Zega (1928-2010), a sinistra nella foto che lo ritrae con don Giuseppe Soro. Don Zega aveva diretto "Famiglia Cristiana" dal 1980 al 1998; attualmente dirigeva "Vivere - Club3".

Don Leonardo Zega (1928-2010), a sinistra nella foto che lo ritrae con don Giuseppe Soro. Don Zega aveva diretto "Famiglia Cristiana" dal 1980 al 1998; attualmente dirigeva "Vivere - Club3".

      Don Leonardo Zega è stato due volte mio direttore. A Famiglia Cristiana, certo. E poi, dal 2003 al 2007, anche a Club3, il mensile per il cui rilancio si era impegnato in prima persona anche quando l’età, la gloria accumulata, ma soprattutto le collaborazioni alla Stampa e a Oggi, avrebbero potuto consigliargli una vita più calma e orari di lavoro più rilassati. Sono quindi stato un giornalista fortunato, perché ho avuto due volte l’occasione di lavorare con un grande direttore.

      Del grande giornalista, don Zega aveva tutto. L’istinto per i sentimenti della gente, innanzitutto. La cultura. Il coraggio delle opinioni e dell’indipendenza, fino a quel nuoto controcorrente che in anni recenti gli fu rimproverato quasi come una ribellione alle gerarchie. L’esperienza del mondo: aveva vissuto per molti anni in Asia, da giovane sacerdote paolino,  e dispensava a noi giovanotti saputelli aneddoti che oggi farebbero la fortuna televisiva di inviatoni e pseudo tali. Aveva la battuta fulminante e, all’occorrenza, abrasiva. Una volta una lettrice gli scrisse per lamentare le botte subite dal marito manesco e per chiedergli: “Devo parlarne al parroco?”. Lui rispose: “Vada certo a parlarne al parroco, ma sulla strada passi dai carabinieri”.

      Ma il grande giornalista riusciva a essere anche un grande direttore (cosa assai meno frequente di quanto si creda) proprio perché (e non “nonostante”) era un prete. Le persone gli interessavano. Tutte, una per una. Quelle che lavoravano con lui e alle quali lui riservava uno straordinario privilegio: era un “capo” mai spaventato dalla qualità o dalla personalità altrui. Ma soprattutto le altre, quelle di fuori, il vasto popolo dei lettori. I milioni di italiani comuni ma non qualunque che erano il suo pubblico ideale: Quando lo interrogavano sulle moltissime copie vendute dal suo giornale, tirava sempre fuori un dato che molti non si aspettavano, cioè che Famiglia Cristiana aveva tra i suoi lettori il più grosso gruppo di laureati nella stampa italiana. E i milioni di cattolici che lui vedeva, credo, non come un gregge ma come un popolo. Senza snobismo ma con fiducia: per questo puntava sempre a realizzare un giornale vero, non una collezione di pistolotti e brutte prediche. Senza moralismi ma con cristallina moralità: l’essenziale del Vangelo è tutto, l’orpello è nulla.

      Caro Direttore, ora che sei in marcia per il Paradiso, cioè per la Famiglia Cristiana più grande che c’è, e solo ora perché so che preferivi i cuori sinceri e le ciglia asciutte, posso dirti che aver condiviso in un modo o nell’altro questi 25 anni è stato spesso un piacere, sempre un onore, in ogni momento l’occasione per imparare. Avevi sempre scritto i tuoi editoriali e le tue risposte alle lettere a mano, con quelle impossibili Bic punta fine che quasi tagliavano il foglio. Quando ti ho visto metterti a trafficare con il computer per la prima volta all’alba dei 77 anni, e ovviamente riuscirci, ho pensato che don Zega si nasce. E basta.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

3 Commenti

  1. fabio cangiotti said:

    Caro Fulvio, anche per me Don Zega era un uomo libero, cosa non sempre facile per un prete, a meno che non abbia una grande personalità. Ricordo che le sue risposte ai lettori di Famiglia Cristiana avevano il dono di spiazzare la banalità del senso comune, non erano mai dei facili pistolotti, ma vere lezioni di sapienza vitale.
    Fui dispiaciuto quando fu sostituito alla Direzione (per cause che non conosco) e ricordo ancora il tono del suo commiato ai lettori, brevissimo ma amareggiato. Naturalmente ha potuto esprimere ancora il suo grande valore di giornalista, come tu ricordi, continuando a rispondere in modo magistrale ai dubbi e alle angosce di tanti lettori.
    Riposi in pace.

  2. roberta said:

    Ho replicato alla risposta di un non meglio identificato nicolag che a sua volta aveva risposto all’elogio funebre di d. Sciortino a un anno della morte di d. Zega. Ma la mia replica sul sito di famigliacristiana.it non è mai apparsa. Quale il vicedirettore del settimanale sa spiegarmi il perché? Ecco il testo:
    Caro Nicolag,
    questo tentativo di fare di don Zega una sorta di martire delle “persecuzioni” delle Autorità ecclesiastiche mi sembra un travisamento ben studiato più che un patetico tentativo di glorificazione. Poiché si fa fatica a capire come dei “silenzi imbarazzanti” siano durati per così tanto tempo senza essere mai stati spiegati. Si tenga a mente che don Zega successe a don Zilli, (il direttore VERO che fece di “Famiglia Cristiana” il giornale cattolico più diffuso al mondo) non in maniera morbida. Bensì dopo un conflitto aspro con don Emilio Mammana, il sacerdote che aveva aperto il primo ufficio pubblicità di Famiglia Cristiana, ed aveva portato il settimanale dalle parrocchie ad essere uno dei periodici italiani più venduti. Con l’esautorazione di don Mammana, da tutti riconosciuto – tra l’altro – come uno dei massimi esperti del marketing, s’iniziò anche l’erosione di quella piccolissima e agguerritissima squadra di confratelli che aveva contribuito in maniera determinante all’affermazione del settimanale. In breve in meno di due lustri di gestione Zega ben tre sacerdoti su sei lasciarono la congregazione dei Paolini, la quale si rivelò – anche lei guarda caso – più matrigna che madre misericordiosa. A questo punto è meglio stendere un velo pietoso sul Defunto e le sue vicende, perché, come usa dire, nulla nasce a caso!

  3. Fulvio Scaglione said:

    Cara Roberta,
    per correttezza, visto che lo citi, pubblico qui il post di nicolag (perché “non meglio identificato? Non è che robertafr identifichi molto meglio no?) su don Zega, e poi ti rispondo.

    Postato da nicolag il 08/01/2011 07.16
    Famiglia Cristiana è un giornale che conosco da anni perché sempre presente nel mio ambiente familiare. Veniva sfogliato un po’ da tutti, famigliari e parenti, perché tutti riuscivano a trovare la pagina che poteva interessarli. Don Zega e Don Sciortino gli hanno dato quella vivacità genuina e quell’ampiezza di vedute che difficilmente si riscontra in giornali cosiddetti “ di parte “. Peccato che spesso esigenze politiche o interpretazioni dottrinali, ritenute frettolosamente,o con alquanta parzialità gerarchica, inderogabili, inducano le Autorità ecclesiastiche a porre in essere nei confronti dei responsabili del giornale reprimende, a volte, categoriche e rigorose, così come è stato per Don Zega . Sarebbe sicuramente meglio concedere al giornale una chiara configurazione autonoma,pur nella responsabilità derivante dal suo essere una rivista “cristiana” , intervenendo e argomentando dialetticamente – se ritenuto opportuno – con diversi eventuali punti di vista, se qualcosa turba la gerarchia o disturba inopportunamente i buoni rapporti fra i due “ poteri materiali “ CHIESA – STATO. Sarebbe anche da augurarsi che Famiglia Cristiana per il bene ed il prestigio della stessa Istituzione Spirituale, di cui oggi più che mai pare ci sia impellente esigenza, inducesse a delle riflessioni sulla stessa configurazione strutturale della Chiesa, ritenuta da diversi illustri pensatori e teologi cattolici alquanto antiquata e quindi non in grado di gestire proficuamente i rapporti con una così ampia e complessa base di fedeli (sempre più distante e disorientata) e con le altre confessioni religiose, specie quelle cristiane, così numerose. Una pagina di riflessione e di libera e corretta dialettica, su tematiche che possano avere quale obiettivo comune quello di poter rendere più efficace e più universale il Messaggio Cristiano, che Benedetto XVI ha così ben rappresentato nella sua pregevole Enciclica “Deus Caritas Est “ diventerebbe un prezioso sicuro arricchimento per il giornale. Lo scorso anno è apparsa sulla stampa una indubbia cristiana “Lettera aperta ai Vescovi “ del teologo svizzero Hans Kueng. E’ un peccato che nella stampa cattolica non vi sia stata alcuna menzione, per farne – considerata la fama e il prestigio di questo grande teologo, di cui, pur nella breve benevola reprimenda, è stato dato atto sull’Osservatore Romano Da Pier Giordano Cabra – oggetto di riflessione e di libera e corretta dialettica, sulle argomentazioni dallo stesso addotte.

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    E adesso eccomi a te, Roberta. Io sono a Famiglia Cristiana da 27 anni, ormai, ma i fatti cui ti riferisciI fatti cui ti riferisci di anni ne hanno almeno 30. Solo per dire che non ne sono stato testimone. Rispetto la tua ricostruzione, credo che tu abbia una conoscenza non solo orecchiata delle vicende, ma devo sottolineare qualche altro fatto:
    1. sul ruolo di don Zilli sono tutti concordi. Anche di don Mammana ho sentito sempre dire molto bene. Dovresti aggiungere, però, che in quel gruppo di geniali precursori don Zega ci stava a buon diritto. Se non altro perché “vice” dello stesso Zilli per molti anni.
    2. che il destino di un gruppo editoriale si sia deciso, in una certa fase, con un “conflitto aspro” non mi stupisce per nulla. Anche se si trattasse di un conflitto tra sacerdoti. Questo fa di Zega un mostro? Di sicuro sai che a suo tempo anche don Zilli dovette affrontare “conflitti”, e sai che non fu mai eletto superiore generale nonostante che fosse stato uno dei candidati. Questo fa dei paolini che non lo votarono dei mostri?
    3. Tre sacerdoti lasciarono la congregazione in due lustri. Chi? Perché lo fecero? Davvero la congregazione era così succube di don Zega da lasciar partire dei confratelli? Mah…
    4. “Stendere un velo pietoso sul Defunto… ” ecc. ecc. Non so a quali vicende tu ti riferisca. Se sono riferite alla persona di don Zega, beh, citale e magari ne parleremo. Se ti riferisci, invece, alla vicende del giornale, ti chiedo: conosci tante altre riviste che in queste ultimi tre decenni abbiano affrontato meglio di Famiglia Cristiana le sfide del mercato e i problemi della società italiana? Io non ne conosco molte. Don Mammana e gli altri avrebbero fatto meglio? Chissà.
    5. I silenzi. Io ho lavorato molto con don Zega, in certi anni fianco a fianco. Non potrei certo dire di aver condiviso tutte le sue decisioni (io non ero così piatto da farlo, lui non era così stupido da pretenderlo) ma forse sono poco obiettivo. Resta il fatto che un mondo cattolico un po’ meno succube della cultura laica e un po’ meno autolesionista, al momento della morte lo avrebbe onorato come meritava: cioè come una figura di assoluto spicco nella storia del giornalismo italiano, soprattutto di quello cattolico, e come una grande risorsa della Chiesa italiana. Al di là delle simpatie, degli errori sicuramente commessi, degli spigoli che non mancavano al suo carattere.

    Grazie di tutto, a presto

    Fulvio

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