La prima che viene in mente – come è già stato osservato altrove su Terrasanta.net – è, ovviamente, quella dello Yemen, dove dal 2011 si scontrano senza quartiere la coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita (e appoggiata da Usa, Turchia, Canada, Regno Unito e Francia) e i ribelli Huthi finanziati e armati dall’Iran. La guerra ha portato nello Yemen una strage di civili (e la prima imputata, a causa dei raid aerei, è proprio l’Arabia Saudita) e un’emergenza umanitaria che con ogni probabilità è oggi la più grave al mondo. Se il disgelo tra sauditi e iraniani andrà avanti, è lecito immaginare almeno un ammorbidimento nel conflitto yemenita.
Un discorso analogo vale anche, fatte le debite proporzioni, per il Libano, dove è in corso da decenni una sorda lotta tra sauditi (Rafiq al-Hariri, per molti anni primo ministro, imprenditore ricchissimo, ucciso con una bomba nel 2005, era una “creatura” di Riyadh) e iraniani (grandi sponsor di Hezbollah) per il dominio politico sul Paese. Le tensioni sono sempre fortissime e basta una parola per farle esplodere. Alla lettera: a fine 2021, per fare un solo esempio, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Kuwait ritirarono gli ambasciatori dal Libano ed espulsero gli ambasciatori libanesi a causa di un’intervista in cui il ministro della Cultura, George Cordahi, criticava l’intervento militare saudita nello Yemen. Il braccio di ferro, tra l’altro, ha di molto ridotto le possibilità di finanziamento dall’estero di cui il Libano ha un feroce bisogno per superare la crisi economica che lo imprigiona da anni.
Altra situazione in evoluzione: l’Arabia Saudita e la Siria hanno deciso di ripristinare le relazioni diplomatiche. Damasco è da tempo nell’orbita di Teheran, che negli anni più violenti della guerra, scoppiata nel 2011, le ha fornito importanti aiuti economici e militari. L’Arabia Saudita, invece, è stato uno dei Paesi che più hanno contribuito al finanziamento dei gruppi islamisti che non solo si battevano per far cadere il presidente siriano Bashar al-Assad, ma terrorizzavano la popolazione.
Quarto e ultimo esempio: il Pakistan. Paese a maggioranza musulmana sunnita (75 per cento della popolazione) ma con un robusto 20 per cento di fedeli sciiti. Amico della Cina, come l’Iran e l’Arabia Saudita, grandi fornitori di risorse energetiche di Pechino. Il Paese è alleato dell’Arabia Saudita, ma sempre molto impegnato a non compromettere i rapporti con il confinante Iran sciita. Il Pakistan è anche teatro di ricorrenti scontri settari e attentati che, negli anni, hanno fatto centinaia e centinaia di vittime. Relazioni più distese tra Riyadh e Teheran non possono che far piacere a Islamabad. Tutto questo per non parlare delle conseguenze indirette di un’eventuale pace tra iraniani e sauditi. Come il parziale disgelo delle relazioni tra Turchia e Siria ci ha già fatto intravvedere.
Pubblicato in Babylon, il blog di Terrasanta.net