RECOVERY OK MA LA MERKEL NON HA VINTO

MERKELAngela Merkel con il leader ungherese Viktor Orban.

Siamo messi male male. Il debito pubblico dell’Italia, a fine 2020, sarà di 194 miliardi superiore a quello di fine 2019. Quest’anno il Prodotto Interno Lordo (cioè la produzione di ricchezza) è calato del 10, 5% (contro le previsioni che parlavano del 9%) e per tornare ai livelli pre-virus bisognerà aspettare almeno il 2023. Insomma, il Covid ci ha lasciati in mutande, quindi i quattrini del sostegno europeo, belli o brutti che li consideriamo, ci sono indispensabili. Si capisce quindi perché sia stato accolto con tanto entusiasmo l’accordo che Angela Merkel, cancelliera tedesca ma in questo caso soprattutto Presidente di turno della Ue, ha trovato con Polonia e Ungheria.

Per la Merkel la grana era questa. Polonia e Ungheria minacciavano di bloccare il bilancio comunitario 2021-2027, e con esso il meccanismo del Recovery Fund, se l’erogazione dei fondi fosse stata collegata al rispetto dello Stato di diritto, che le autorità comunitarie ritengono da anni minacciato dalle parti di Varsavia e Budapest. Ecco un estratto delle comunicazioni del Parlamento europeo: “Nel settembre 2018, il Parlamento ha chiesto al Consiglio di agire per evitare che le autorità ungheresi violassero i valori fondanti dell’UE. I deputati si sono detti preoccupati soprattutto per i rischi relativi a indipendenza giudiziaria, libertà di espressione, corruzione, diritti delle minoranze e per la situazione dei migranti e dei rifugiati. Nel caso della Polonia, la Commissione europea ha chiesto l’intervento dell’UE nel dicembre 2017, in considerazione delle minacce percepite relative all’indipendenza della magistratura. In una risoluzione adottata nel marzo 2018, il Parlamento europeo si è detto d’accordo con la Commissione sui rischi per lo Stato di diritto in Polonia”.

Per questo nei confronti di Polonia e Ungheria è stata aperta la procedura prevista dall’articolo 7 del Trattato fondativo dell’Unione, che in teoria (ma molto in teoria) potrebbe portare all’espulsione del Paese incriminato. Era chiaro, quindi, che i due Governi ribelli non avrebbero concesso a Bruxelles un altro strumento per metterli alla berlina, oltre che privarli di un bel pacchetto di denaro. Tanto più che il Recovery Fund serve a tutti, non solo all’Italia, e quindi per Varsavia e Budapest la leva del boicottaggio era molto facile da usare.

La Merkel ha trovato la quadra, i soldi arriveranno e quindi tutti sono felici. Però… Perché non si dice anche che Polonia e Ungheria hanno ottenuto ciò che volevano? E che se quella era una battaglia di principio sullo Stato di diritto (e non solo una questione tattica per sbloccare i fondi), allora l’Unione Europea e la Merkel l’hanno in gran parte persa?

Vediamo i fatti. Per convincere Polonia e Ungheria la Merkel ha contrattato alcune fondamentali modifiche al Regolamento che era stato negoziato con il Parlamento europeo. La prima, fondamentale, è questa: il blocco dei fondi scatterà solo se le violazioni dello Stato di diritto avranno un impatto diretto sulle finanze dell’Unione. Allora facciamo un esempio. In Polonia il governo Morawiecki sta instaurando un controllo sempre più stretto del potere esecutivo su quello giudiziario. Questo danneggia le finanze dell’Unione Europea? Non parrebbe. Quindi la Polonia potrà continuare a mettere la museruola ai giudici?

Seconda modifica contrattata dalla Merkel. Il sistema di cui sopra, bislacco come abbiamo visto, si applicherà solo ai fondi del bilancio ordinario europeo 2021-2027 e a quelli straordinari del Recovery Fund, ma non a quelli del precedente bilancio ordinario (2014-2020), che continueranno a essere versati nei prossimi tre anni.

Terzo: Angela Merkel ha accordato a Polonia e Ungheria una specie di clausola di maggior favore. Se un Paese dovesse essere messo sotto accusa per violazioni allo Stato di diritto, in base al Regolamento che entrerà in vigore nel gennaio prossimo, ma lo stesso Paese facesse appello alla Corte di Giustizia Ue, tutto verrebbe sospeso. E la Commissione europea non potrebbe prendere alcuna decisione “punitiva”, nemmeno la sospensione dei fondi del Recovery.

Traduzione: Polonia e Ungheria sono in una botte di ferro. E di denaro, perché col Recovery Fund e dopo il lodo Merkel, riceveranno 33 miliardi a fondo perduto più 38 di prestiti la Polonia, e 9 più 11 l’Ungheria. Tutto questo bisogna saperlo. Non per criticare la Merkel, che aveva una sola missione: sbloccare la situazione e mandare avanti il Recovery Fund. Ma per sapere come funzionano davvero la Ue e la politica reale. E anche per valutare se nazionalismo e sovranismo sono davvero in declino, come si sente dire, oppure se più semplicemente sono vivi e vegeti ma non dove li cerchiamo noi.

 

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

Altri articoli sul tema

*

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Top