MACRON IL GENDARME CONTRO ERDOGAN

Emmanuel Macroin con Tayyep Recep Erdogan.
di Paolo Romani
Rien ne va plus tra Emmanuel Macron e Recep Tayyip Erdogan. Il Presidente francese e quello turco sono ai ferri corti, e fra loro cominciano anche a volare parole grosse. A Macron che gli rimproverava il suo «comportamento inammissibile», Erdogan ha risposto duramente: «Signor Macron, non avete ancora finito di passare guai con me. Non cercate la lite con il popolo turco, non cercate la lite con la Turchia», ha aggiunto.
Il Presidente francese aveva accennato anche al genocidio degli armeni perpetrato dai turchi agli albori del XX secolo. Ma Erdogan ha subito reagito accusando Macron di «non conoscere la storia». «La Francia non può dare lezioni di umanità», ha detto, visto il suo passato coloniale in Algeria e il suo ruolo nel genocidio commesso in Ruanda nel 1994.
La tensione è cresciuta nelle ultime settimane, dopo che la Francia si è schierata a fianco della Grecia impegnata con la Turchia in un braccio di ferro che riguarda i confini territoriali e il diritto marittimo. Ankara vorrebbe sfruttare i giacimenti sottomarini di idrocarburi nel Mediterraneo orientale e ha inviato una nave da esplorazione e trivellazione, scortata da bastimenti da guerra, in un’area antistante la costa sudoccidentale di Cipro, in acque rivendicate dalla Grecia. Atene ha reagito denunciando l’invasione delle sue acque territoriali. La Francia, e in minore misura la Spagna e l’Italia, hanno preso posizione contro la Turchia e contro le mire espansionistiche di Erdogan. Il 10 settembre si sono riuniti a Ajaccio, in Corsica, i capi di Stato e di governo del Med7, ossia il gruppo dei sette paesi «mediterranei» dell’Unione europea. Dal vertice sono emersi un messaggio di sostegno nei confronti della Grecia e l’augurio che i Paesi europei possano rilanciare un «dialogo responsabile» con la Turchia, «in buona fede e senza nessuna ingenuità».
Intanto la tensione ha continuato a crescere. Già in luglio si era sfiorato un grave incidente quando una nave da guerra francese battente bandiera della Nato, la «Courbet», aveva voluto controllare un mercantile turco sospettato di trasportare illegalmente un carico d’armi destinato alla Libia. Durante l’operazione la nave francese è stata per tre volte inquadrata dai radar a infrarossi di una nave da guerra turca. Un atto ostile assolutamente inedito fra alleati. La Turchia, come la Francia e la Grecia, è un partner dell’Alleanza Atlantica, ma questo non le impedisce, da qualche tempo, di prendere le distanze.
Di fronte a questa situazione, Macron ha scelto la linea «dura», presentandosi come il nuovo gendarme del Mediterraneo orientale. Ha inviato nella zona la fregata «La Fayette», la porta elicotteri «Tonnerre» e una squadriglia cacciabombardieri «Rafale». Anche la Grecia ha deciso di mostrare i muscoli: ha annunciato un programma di riarmo e di rinforzo del personale militare, l’acquisto di 4 fregate e altrettanti elicotteri. Ma la decisione più spettacolare è quella di acquistare 18 cacciabombardieri «Rafale», fiore all’occhiello dell’aeronautica militare francese. La maggior parte dei paesi della Nato, infatti, attrezza le sue forze aeree con apparecchi americani. Appena un anno fa, proprio la Turchia, altro partner dell’Alleanza atlantica, aveva annunciato l’acquisto di cacciabombardieri russi «Sukoi» al posto degli americani F 35.
A prima vista, la tensione che mette a confronto due Paesi legati alla medesima Alleanza atlantica è causata da problemi di confini, rivendicazioni territoriali, nuovi giacimenti di idrocarburi sui quali greci e turchi litigano da quando sono stati scoperti. Il contrasto ha origini antiche anzitutto perché Ankara non ha mai sottoscritto un accordo delle Nazioni Unite sui confini; e poi perché Erdogan sembra deciso a rinnegare altri accordi già rodati come quelli di Losanna (1923) e Parigi (1947). In realtà il vero problema è un altro: la volontà di Erdogan di ripristinare la grandezza della Turchia, di risuscitare almeno in parte l’impero ottomano, prevale su tutto il resto. Erdogan, insomma, vorrebbe cancellare il trauma del trattato di Sèvres che dopo la Prima guerra mondiale (nella quale la Turchia era alleata con Austria e Germania) aveva smembrato l’impero ottomano.
Di fronte all’attivismo del presidente turco (il quale si atteggia anche a paladino dell’Islam, tentando di estendere l’influenza della Turchia a tutto il mondo musulmano), l’Occidente reagisce in ordine sparso. Gli Stati Uniti, alla vigilia di elezioni che si annunciano cruciali, hanno altre preoccupazioni: per loro il Mediterraneo orientale è molto molto lontano. In Europa, solo i Paesi “mediterranei” guidati dalla Francia sembrano prendere sul serio le minacce che si addensano. Se Macron gonfia i muscoli, la Cancelliera tedesca parteggia per una linea morbida, per il dialogo e il negoziato. Insomma, Macron e la Merkel sembrano fare il gioco delle parti come nei film noir di Hollywood, “bad cop, good cop”, poliziotto cattivo e poliziotto buono. Il motivo della divergenza sembra evidente: in Germania vivono e lavorano milioni di turchi, mentre in Francia i sudditi di Erdogan sono assai meno numerosi.
Anche la Nato sembra indecisa sul da farsi. Il peso demografico e militare della Turchia è considerevole, quello della Grecia quasi «trascurabile». Parigi fa la voce grossa, puntando anche sul fatto che dopo la Brexit la Francia è rimasta la sola potenza nucleare in seno all’Unione Europea. Anche la costante minaccia da parte turca di non frenare più i flussi migratori ha sui francesi minor effetto che sulla Cancelliera tedesca, protagonista del negoziato per l’accordo con Ankara.
Un grande quotidiano regionale francese, «Ouest- France», ha pubblicato un titolo a effetto: «La Turchia è il nostro nemico?». La domanda è provocatoria, visto che sarebbe assurdo definire nemico un partner della Nato. Ma un politologo francese, Bruno Tetrais, non ha dubbi: “Se Erdogan decide di essere nemico dell’Europa, va trattato come tale”. Eppure l’Europa, e l’Alleanza Atlantica, si dimostrano prudenti. Né le ha fatte reagire il discorso, in forma di ricatto, pronunciato alla fine di luglio dall’ambasciatore turco a Parigi, Ismail Hakki Musa: “Provate a immaginare la Nato senza la Turchia! La Nato non esisterà più! Non sarete più in grado di controllare la situazione in Iran, in Iraq, in Siria, nel Mediterraneo meridionale, nel Caucaso, in Libia, in Egitto”. Parole che hanno senz’altro fatto rabbrividire alcuni politici e militari occidentali. Ecco perché nella sua crociata contro la Turchia, a fianco della Grecia, Emmanuel Macron è un uomo solo, molto solo.
Paolo Romani

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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