ASSAD, RICOSTRUZIONE PER I SOLITI POCHI

AssadUno dei tanti panorami di distruzione in Siria.

Mentre a Idlib, nel nord-ovest della Siria, ancora si combatte, Bashar al-Assad si tuffa nel paradosso che le potenze occidentali conoscono bene. Vincere la guerra e perdere la pace. La resistenza (inattesa, in questa misura) dell’esercito siriano e, soprattutto, l’intervento di Russia e Iran hanno cambiato tutto. Falliti i piani dell’Isis, del Fronte al-Nusra, delle altre formazioni islamiste e dei loro finanziatori e sostenitori esteri. Assad non ha perso il potere, la Siria non è stata smembrata.

Ora, però, Assad e i suoi stanno ripetendo gli errori che, dalla successione ad Hafez al-Assad in poi, hanno costruito le condizioni per l’esplosione del 2011.

Parliamo della ricostruzione. Una specie di mission impossible per la Siria e i suoi alleati. Basta un dato. All’inizio del 2019 la somma necessaria per rimettere in piedi il Paese era stimata tra i 250 e i 400 miliardi di dollari, mentre l’intero budget statale della Siria per il 2018 non arrivava a 9 miliardi. Ci vorrebbero aiuti e investimenti dall’estero. Che arriveranno in minima parte (forse) dalla Russia. E per nulla dai Paesi occidentali, che hanno fatto di tutto per cacciare Assad e certo ora non si fidano di lui. Come disse Ursula von der Leyen quando non era ancora presidente della Commissione europea ma «solo» ministro della Difesa della Germania: «Ci saranno investimenti in Siria solo quando sarà avviato un soddisfacente processo politico che coinvolga tutte le parti».

Nel frattempo, in Siria ci sono 12 milioni di persone bisognose di assistenza, e nei Paesi confinanti 5 milioni di rifugiati siriani. Mentre il 90 per cento della popolazione siriana vive in condizioni di povertà.

I bisogni sono chiari. A fronte di tutto questo, il Governo ripete la politica di investimenti per pochi che segnò gli anni dal 2000 al 2010 e creò le condizioni economiche e sociali (polarizzazione tra ricchi e poveri, aumento del costo della vita, urbanizzazione forzata e abbandono delle campagne) per la rivolta del 2011. Il Decreto n. 10, approvato l’anno scorso, impone a chi ha lasciato la Siria di tornare in patria entro un anno per reclamare i diritti di proprietà sugli immobili e i terreni che ha lasciato dietro di sé. Molti di coloro che in questi otto anni si sono sistemati all’estero, o che non possono (perché hanno combattuto Assad) o non vogliono rientrare, perdono i propri beni, sequestrati dallo Stato.

Nei grandi centri siriani, quindi, sono state costituite compagnie private a cui è affidato il compito di ricostruire negli spazi così acquisiti. La Cham Holding Company nell’area urbana della capitale, società simili nei governatorati di Aleppo, Homs e nella provincia di Damasco. Capitali e imprenditori vicini alla cerchia presidenziale, chiamati a «collaborare» con amministrazioni nominate da Assad e a lui fedeli.

E questo è il primo punto. Il secondo è che i progetti finora presentati sono riservati ai pochi che hanno ancora denaro o che, durante la guerra, hanno trovato il modo di accumularne. La Cham Holding Company vuole costruire Marota City, un’area residenziale con prezzi a metro quadrato irreali per la popolazione della Siria di oggi. E a Homs si discute di un progetto edilizio che riprende quasi alla lettera un piano del 2017, con quartieri popolari da abbattere e quartieri borghesi da costruire al loro posto.

Se questi casi diventeranno strategia, Assad preparerà con le proprie mani le condizioni per una nuova rivolta. Quella del 2011 aveva ragioni profonde. La speculazione occidentale, il terrorismo finanziato dalle petromonarchie del Golfo Persico e la repressione le hanno bruciate, non cancellate.

Pubblicato in Babylon, il blog di Terrasanta.net

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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