ALLAH U AKBAR, ORSU’ TUTTI IN CORO

allahLe forze speciali tedesche sulla scena della strage di Monaco.

C’è sempre qualcuno che vede altri uomini armati. C’è sempre qualcuno che sente sparare anche in altre zone della città. C’è sempre qualcuno che sente gridare Allah u akbar (Allah è il più grande), anche se quasi nessuno ha mai sentito emettere quel grido da un uomo (si presume arabofono) stravolto dalla furia e impegnato a sparare su persone innocenti e molti non riconoscerebbero la frase nemmeno se pronunciata da un educato muezzin dotato di altoparlante. Da Orlando (Usa) a Nizza (Francia) a Monaco (Germania), passando per tanti episodi precedenti, quante volte abbiamo visto ripetersi questo scenario, prontamente ripreso e senza esitazione alcuna diffuso dai media?

Abbiamo ovviamente delle ottime ragioni, che si chiamano Madrid 2004, Londra 2005, Parigi 2015 e 2016, Bruxelles 2016. Bastano e avanzano per farci vivere coi nervi allo scoperto. Ma ormai è come se avessimo “bisogno” dell’Isis, perché in ogni caso l’Isis ci rende più facile la spiegazione. Dopo tutto, anche se in formato “pseudo”, l’Isis è uno (pseudo) Stato con una (pseudo) capitale, uno (pseudo) capo e uno (pseudo) esercito: è tutto più riconoscibile, per i nostri standard e per la nostra cultura. Se poi aggiungiamo Allah, i conti tornano a perfezione.

Allah e le idee di Breivik

E’ sicuramente meglio credere di aver udito gridare Allah u akbar  che pensare a quale disastro sia stata la gestione dell’ordine pubblico a Nizza, nella notte della Festa nazionale. O a quali tragedie contribuisca, negli Usa, la libera vendita di armi da guerra, accessibili anche ai sospettati di inclinazioni filo-terroristiche com’era lo sparatore di Orlando. O a quanto facilmente sia stata dismessa la motivazione ideologica della strage di Anders Breivik, il terrorista norvegese di destra che uccise 77 persone il 22 luglio 2011 e che il 22 luglio 2016 è stato chiaramente preso ad esempio da Ali Sonboly, il cittadino tedesco di origine iraniana che ha sparato a Monaco. Quando Breivik fece la sua strage, non mancarono giornalisti illustri e politici dotati di seggio, quindi stipendiati con denaro pubblico, che intervennero a difendere non Breivik ma le sue “idee”, come se le idee di un folle potessero definirsi tali.

E’ curioso: l’Isis degli incubi ci tormenta, ma quello reale e concreto ci lascia abbastanza indifferenti. Certo, ne seguiamo le vicende al telegiornale. Ma per battere l’Isis e il presunto Isis che si aggirano per l’Europa, sarebbe necessario eliminare l’Isis che si annida in Siria e in Iraq e stroncare le velleità di coloro che lo aiutano lo armano, lo finanziano. E invece niente, o pochissimo. Pochissimo sul campo di battaglia, dove siamo a due anni pieni di bombardamenti e i miliziani sono ancora là. Hanno preso batoste, hanno perso terreno, ma sono ancora là. Dovrebbero esserci manifestazioni nelle piazze per chiedere ai Governi, per esempio a quelli di Francia e Germania, una vera guerra contro l’Isis. E invece niente, tutti a sentire Allah u akbar a ogni cantone ma nulla più.

Allo stesso modo, intellettuali e giornalisti dovrebbero protestare ogni giorno con appelli e articoli, e le associazioni mobilitarsi, perché Allah u akbar ma nessuno può ragionevolmente credere che sia stato possibile eliminare la Jugoslavia di Slobodan Milosevic in due mesi e in sei mesi rovesciare come un calzino l’Iraq di Saddam Hussein, e in più du due anni non sia stato possibile sradicare l’Isis da un deserto. Paura delle vittime civili? Mah… Nella guerra in Jugoslavia del 1999 i civili uccisi furono oltre 2.500, tra i quali un centinaio di bambini. E la guerra in Iraq del 2003 ha portato con sé molte decine di migliaia di vittime civili. Ci è venuto il cuore tenero proprio adesso? Proprio con l’Isis?

 

 

 

 

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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