BEIRUT, CON L’ISIS DIETRO L’ANGOLO

beirutUn campo per i profughi siriani in Libano.

Da Beirut – “La mia Beirut, sempre più vuota!”. L’amico che guida nella serata dolce della capitale del Libano osserva sconsolato le strade non più caotiche, i ristoranti semivuoti, il centro che luccica di cristalline pubblicità ma senza allegria. E’ l’effetto della guerra civile in Siria, che questo Paese e Beirut cercano di superare come tante altre crisi del passato, avendo però coscienza che non sempre i miracoli riescono e questa volta è dura. D’altra parte, arrivando sui cieli di Beirut in un pomeriggio senza una nuvola, il capitano avverte di allacciare le cinture e restare seduti a causa di possibili “turbolenze”, ma non dice che le uniche turbolenze possibili sono quelle dei bombardieri russi che volano in questi cieli per andare a colpire in Siria.

Basta mettere piede in Medio Oriente, in un angolo qualunque della regione, per capire quanto sembri assurda la lettura della crisi siriana che da oltre quattro anni il sistema occidentale dell’informazione rifila ai suoi fruitori. Qui, anzi, non si capacitano che gli europei possano deglutire certe fanfaluche. Prendiamo i profughi. Tra il 2014 e il 2015, la Turchia (che ospitava circa 2 milioni di siriani) ha spalancato le porte dei campi e ne ha riversato verso l’Europa, attraverso la “rotta dei Balcani”, almeno la metà. Così si è sgravata di un impegno e ci ha rammentato che l’Europa deve star fuori dalla crisi siriana, che è cosa loro, dei Paesi sunniti e dei loro alleati americani, che se la vogliono spartire in pace. Poi l’ex premier polacco Donald Tusk, ora felicemente accasato alla presidenza del Consiglio europeo, è andato in giro per capitali e Tv, e infine al vertice G20 di Antalya (Turchia, sì), a dire che i raid dei russi avrebbero provocato tre milioni di profughi. Lui che, oltretutto, viene da un Paese che i profughi, siriani come di qualunque altra specie, non li vuol vedere nemmeno dipinti.

Beirut e i suoi equilibrii

Poi vieni qui a Beirut, la capitale che ha l’Isis dietro l’angolo, e dei profughi ti raccontano una storia ben diversa. Per primi i cristiani, quelli su cui tanti, da noi, si stracciano le vesti senza poi minimamente ascoltarli quando ti parlano delle vicende del Medio Oriente, dove loro vivono da un paio di millenni.

Qui in Libano, dove c’è quasi un milione e mezzo di profughi siriani e dove ormai c’è un profugo siriano ogni quattro cittadini libanesi, te la spiegano così. Il flusso di profughi siriani verso il Libano non è affatto casuale ma razionalmente progettato dall’Isis e dai suoi ispiratori e finanziatori del Golfo Persico (Qatar e Arabia Saudita, i soliti) per cambiare la struttura demografica del Libano e con essa la geografia politica del Paese e di questa parte del Medio Oriente.

Secondo tutti gli studi dei ricercatori di Beirut, solo una piccolissima parte di questi profughi tornerà in patria, se e quando la guerra civile cesserà e sarà avviata la pacificazione e la ricostruzione: il 10% tra 10 anni, pare sia la conclusione di chi ha analizzato la questione, e poi basta. Se è vero, vuol dire che un Paese di 6 milioni di abitanti come il Libano si appresta a dover integrare 1,3 milioni di siriani, quasi tutti sunniti. A questi si aggiungono più di 600 mila profughi palestinesi, sunniti anche loro, di lunghissima data.

Vuol dire, mal contati, circa 2 milioni di abitanti sunniti in un Paese dove sciiti, sunniti e cristiani fanno più o meno il 30% ciascuno (un po’ di più gli sciiti, un po’ di meno i cristiani) e gli equilibrii etnico-religioso sono studiati con cura pazzesca per dare una rappresentanza politica a tutti. Qui a Beirut i cristiani ricordano che da un anno e mezzo il Libano non ha presidente della Repubblica (carica che tocca ai cristiani), a causa dei veti incrociati esercitati soprattutto dai sunniti ai quali tocca il primo ministro. Agli sciiti tocca il Presidente del Parlamento che può, ed è il suo massimo potere, sciogliere le Camere. Ma è chiaro che il premier (sunnita) manda avanti il Governo e con esso il Paese: e sta riuscendo a dimostrare che sono i sunniti a contare, non i cristiani (il “loro” Presidente non viene eletto e loro non hanno la forza di imporre un’elezione) e nemmeno gli sciiti (visto che il Parlamento non viene sciolto). Se a questo si dovesse aggiungere un Libano a schiacciante maggioranza sunnita…

Anche i profughi dunque sono un’arma, che viene adoperata con la crudeltà e il cinismo di cui questa guerra civile di Siria da quattro anni abbonda. Ma noi europei, come sempre, saremo gli ultimi ad accorgercene.

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Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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