MERKEL, UNO STATISTA IN EUROPA

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E se provassimo almeno per una volta, noi italiani sempre in caccia di congiure e trucchi, ad ammettere che c’è qualcuno più bravo di noi? Se riconoscessimo, per cominciare a districarci nel gran pasticcio di migranti che arrivano, Borse che crollano e tasse che aumentano, che Angela Merkel è uno statista, forse l’unico vero statista dell’attuale scombiccherata Europa?


Proviamo a mettere in fila qualche dato. Intanto, la Merkel ha mostrato di avere un’idea di Germania. Eletta per la prima volta al cancellierato nel 2005, ha assunto e sostenuto le riforme previste dal Piano Hartz, lanciate nel 2003 dal suo precedessore socialdemocratico Helmut Schroeder. Non ha ceduto alle tentazioni della rivalità politica, non ha spiegato al popolo (come invece avviene quasi sempre da noi) che prima di lei c’era stato il nulla. Con quelle riforme la Germania ha rilanciato l’economia dopo il grande ristagno dei primi anni 2000 (che infatti aveva spinto Schroeder alle riforme) e messo in ordine i conti.

Nello stesso tempo, e sempre per quella famosa idea di Germania, la Merkel ha lavorato sulla stabilità economica interna per rilanciare il ruolo della Germania nel mondo, soprattutto come potenza manufatturiera. I mercati asiatici ora le danno problemi ma la Germania è stata la prima ad aggredirne le potenzialità, diventando il terzo Paese al mondo sia per esportazioni sia per importazioni.

Merkel, quell’idea di Germania

Per essere uno statista non è obbligatorio essere simpatici. Forte di quel ruolo, la Merkel ha negli anni affermato anche un’idea “alla tedesca” di Europa: inflazione bassa, rigore economico, austerità. Un’idea che non piace a noi (anche se piace ad altri, per esempio ai Paesi del Nord) ma pur sempre un’idea coerente. Meglio di nessuna idea o di qualche idea pasticciata e incoerente. Oggi, in ogni caso, è comunque l’idea che tiene insieme l’Europa, come la crisi greca ha ben dimostrato. Perché alla fin fine, la morale del lungo confronto tra Tsipras e la Merkel è che l’arma dell’uscita dall’euro, così cara all’ex ministro Varoufakis, è un’arma spuntata: piace tanto a populisti e dilettanti ma non piace per nulla ai popoli. Nemmeno a quello greco, per non parlare di irlandesi, spagnoli e portoghesi, passati prima dei greci per simili forche caudine.

E c’è infine la questione dei migranti. La recente, netta presa di posizione di Angela Merkel, che ha sospeso il Trattato di Dublino per far entrare i profughi della Siria, e il contemporaneo monito agli xenofobi e neonazisti tedeschi che cercano di agitare le acque in Germania (“La protesta che abbiamo visto oggi è vergognosa e ripugnante. Nessun cedimento contro chi ingenera l’odio”), porta la cancelliera su un piano superiore ai suoi colleghi d’Europa. Non per una questione morale, non perché lei è “più buona e generosa” degli altri. Ma perché, di nuovo, nelle sue decisioni c’è un’idea di Germania e di Europa: di un Paese che ha lavorato per diventare potente ma poi sa farsi carico delle proprie responsabilità (nel 2014 la Germania è il Paese europeo che ha accolto più rifugiati, 47.600, +82% sul 2013) e di un’Europa che non fugge davanti ai problemi ma tenta di affrontarli e risolverli.

Per capire quanto sia importante questo esempio, basta fare il confronto con la “lungimiranza” del caudillo ungherese Orban, l’uomo del muro di filo spinato, della polizia a cavallo e dei cani. Dall’inizio dell’anno, secondo i dati resi noti dalle autorità, le richieste di asilo all’Ungheria sono state 115 mila. Ma quando si parlò di dividere i migranti in quote, fu proprio l’Ungheria a rifiutare ogni ipotesi e a negare qualunque partecipazione a piano europeo. Così, oggi, al posto di gestirne una piccola parte, si gestisce tutti quelli che arrivano ai suoi confini.

E’ contro quest’Europa di piccoli fascismi, di cecità generalizzata, di piazzisti da quattro soldi privi di idee ma pronti a sfoggiare i muscoli, che hanno valore le parole e le azioni della Merkel. Nella sua decisione sui profughi della Siria qualcuno ha visto anche un calcolo perverso: di fronte all’alluvione di migranti mi prendo i siriani, che di solito arrivano con le famiglie, hanno un mestiere o un titolo di studio. In sostanza: qualcuno mi tocca comunque, allora mi prendo i migliori, i più produttivi, i più facili da integrare. E faccio anche bella figura.

Se pure così fosse, ancora una volta la Merkel si sarebbe mostrata più dinamica e furba degli altri. Bastava pensarci ma ci ha pensato solo lei. Il che, per uno statista o per gli apprendisti tali, non è certo un difetto.

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Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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