CONSIGLIERI MILITARI, L’ITALIA TORNA IN IRAQ

consiglieri militariSoldati italiani in una missione all'estero.

Tra pochi giorni sarà l’anniversario della strage che, il 12 novembre 2003, nella base di Nassiriya in Iraq, distrussele vite di 19 italiani, civili e militari. Per questa ragione, e per altre ancora, non è una decisione qualunque quella presa dal Governo, che invierà in Iraq 280 tra istruttori e consiglieri militari per aiutare i curdi nella resistenza contro l’Isis. Certo, non si tratterà di andare subito a combattere. Ma dopo molti anni rimettiamo piede in Medio Oriente per una missione bellica, in una coalizione che si è impegnata a fare la guerra.

Non possiamo lasciare che i traumi del passato condizionino troppo il futuro. Tanto più che l’Italia, come ogni altro Paese, è condizionato (ma anche rafforzato) da alleanze che impongono precisi doveri. Non è un mistero che i Paesi-guida della coalizione anti-Isis avessero cominciato a borbottare e a chiederci un impegno più fattivo e concreto. Mandare verso il fronte armi e munizioni è una cosa, mandarci degli uomini, anche se consiglieri militari e quindi avvezzi a certe situazioni, ben altra.

Consiglieri militari dopo i raid

La decisione, inoltre, riaprirà la polemica di lunga data, già cominciata in politica e destinata ad allargarsi all’opinione pubblica, tra chi si sente legato al famoso articolo 11 della Costituzione (“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…”) e chi richiama il dovere di opporsi al dilagare dell’estremismo islamico e delle sue milizie.

È un dilemma non solo nostro. Anche i Paesi più armati e potenti stanno facendo di tutto per non veder tornare i propri ragazzi nelle bare avvolte dalla bandiera. Anche Usa, Gran Bretagna e Francia per ora si limitano alle incursioni dal cielo, che magari sono meno efficaci ma garantiscono perdite nulle. Forse hanno già inviato anche loro dei consiglieri militari, ma non ne fanno troppa pubblicità presso le proprie opinioni pubbliche.

Una sola cosa per ora è sicura: se la lotta contro l’Isis è anche la nostra lotta, come ogni giorno si sente ripetere, per il momento la stiamo facendo combattere a iracheni, curdi e siriani.

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Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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