OBAMA GUERRIERO MA BOCCIATO IN POLITICA

Guerriero ObamaBarack Obama con i soldati di stanza in Iraq.

E’ molto diffusa l’opinione che Barack Obama non sia un guerriero, non voglia fare il “poliziotto del mondo”. Ma ne siamo proprio sicuri? E se il problema non fosse la sua volontà di combattere ma la sua capacità di scegliere le battaglie e gli alleati? Vale la pena di chiederselo proprio ora che la campagna contro l’Isis, diventata una bandiera per gli Usa dopo che i cristiani e le altre minoranze dell’Iraq sono arrivate sull’orlo del genocidio, rischia di diventare una tipica “guerra alla Obama”. Intendendo con questa espressione una guerra che pare (pare) fatta controvoglia, a metà, forse senza molte prospettive o speranze di riuscita.


In realtà, se si vuole stare ai fatti, il premio Nobel per la Pace 2009 è piuttosto incline a usare la forza. E pure senza troppe remore. Come un vero guerriero, in effetti.

Con i bombardamenti in Siria la Casa Bianca di Obama è arrivata al suo settimo Paese a maggioranza islamica bombardato: Yemen, Somalia, Libia, Pakistan, Iraq, Afghanistan e, appunto, Siria. In soli sei anni, più di un Paese l’anno. Obama ha fatto uccidere Osama Bin Laden con un’incursione in Pakistan senza coinvolgere o avvertire il Governo locale, che pure è alleato degli Usa. E sempre in Pakistan, Obama ha fatto condurre centinaia di incursioni dei droni che hanno provocato migliaia di vittime tra i civili, destando in questo caso le furibonde proteste pakistane (250 incursioni e 1.400 morti tra i civili fino a due anni fa, dicono le statistiche più attendibili).. 

A proposito di droni: situazione analoga in Yemen dove, per combattere la guerriglia degli sciiti, sono stati falciati moltissimi civili innocenti.

Afghanistan: Obama ha triplicato le truppe e intensificato le operazioni militari nel famoso “surge” durato due anni (2010-2012) affidato all’altrettanto famoso generale David Petraeus. In quegli anni, i più sanguinosi per i civili afghani dopo l’invasione del 2001, morirono a causa delle truppe della coalizione a guida americana almeno 1.000 civili (più di tre volte tanti quelli uccisi da talebani e affini).  E se l’Obama guerriero ha ritirato l’esercito dall’Iraq, in compenso ha appena stipulato con Governo afghano un accordo per lasciare a Kabul circa 12 mila soldati.

 
Bahrein: il guerriero Obama ha “benedetto” la repressione condotta dall’esercito dell’Arabia Saudita nel Paese vicino. Esercito che usa armi vendute dagli americani. Che, tra l’altro, sono il primo venditore di armi del mondo (30% di tutto il commercio mondiale di armi) e distribuiscono il 27% delle loro vendite proprio nel Medio Oriente. I soli Emirati Arabi Uniti acquistano il 9% delle esportazioni Usa, per la soddisfazione del guerriero Obama.

Guerriero sì, ma il politico…

Non è finita. La Nsa (National Security Agency), come rivelato dal “rinnegato” Snowden, per anni ha spiato alleati e nemici, anzi, soprattutto gli alleati, come bene sanno la Merkel e Hollande. E sempre per restare in Europa, gli americani si sono pesantemente infiltrati nella crisi dell’Ucraina, appoggiando e finanziando le proteste che hanno poi rovesciato il filorusso presidente Janukovich.

Difficile dire che un Presidente così sia timido, o restio a impiegare la forza per difendere gli interessi americani. O per difendere la pace e affermare la democrazia, come direbbero i più ottimisti. Con spirito guerriero.

Se Obama può e deve essere criticato, quindi, forse non è per le scelte militari, da guerriero, che ha fatto in abbondanza, ma per quelle politiche. In ordine sparso: meno di un anno fa era pronto a bombardare Assad e il suo esercito, oggi deve riconoscere che quelli sono, in Siria, l’unico vero argine all’Isis. In Libia nel 2011 ha favorito, bombe alla mano, la caduta di Gheddafi, senza contribuire a un cambio di regime di un qualche spessore. Oggi il Paese è spezzato e preda della guerra civile. Nello Yemen, Obama ha fatto bombardare e combattere in ogni modo i ribelli sciiti, schierandosi accanto a un Presidente “finto” che per moltissimi anni era stato il “vice” del dittatore Ali abdallah Saleh, deposto dopo la Primavera yemenita del 2011. Oggi deve accettare che quei ribelli siano partecipi del potere, insediati nella capitale San’aa.

Obama il guerriero ha protetto in ogni modo l’alleanza con l’Arabia Saudita. Per poi scoprire che i quattrini sauditi avevano contribuito ad armare quell’Isis che ora vuole eliminare. E ha penalizzato in ogni modo l’Iran, con l’embargo economico e le minacce di intervento armato: magari giustamente, vista la politica sul nucleare del presidente Ahmadinejad, ma ora l’Iran risulta decisivo nella resistenza contro l’Isis e vien da chiedersi come saremmo messi, in Iraq e in Siria, se l’Iran fosse stato bombardato. E così via.

Ora, alla vigilia degli ultimi due anni di presidenza, Obama è di fronte all’ennesima scelta difficile: se i bombardamenti non bastassero, gli toccherà mandare le truppe sul terreno dell’Iraq e della Siria? Un’altra scelta che mette in crisi non il guerriero ma il politico.

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Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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