Chi fa il “mestiere” del Papa si abitua presto a vedere il proprio pensiero frainteso o strumentalizzato. Difficile, quindi, che Francesco si stupisca delle curiose letture che, da destra come da sinistra, sono state date delle sue parole sulla «Terza guerra mondiale a pezzi » e sulla necessità di intervenire in Iraq. C’è chi gli ha messo un elmetto in capo e chi lo ha descritto funzionario dell’Onu. Per dire, alla fin fine, che questo Papa smentisce i predecessori, abbandona la dottrina della “guerra giusta” e si accoda a coloro che, con sano pragmatismo, una bella guerricciola non la negano a nessuno.
La verifica è facile. Basta andare sul sito del Vaticano e consultare il Catechismo della Chiesa cattolica ai capitoli intitolati “Difesa della pace” ed “Evitare la guerra”. Mai la Chiesa cattolica deroga a due precise condizioni: la pace è il primo obiettivo («Tutti i cittadini e tutti i governanti sono tenuti ad adoperarsi per evitare le guerre», 2308) e l’uso della forza militare, quando pure diventi inevitabile, non è senza condizioni. Anzi: per impiegarla occorre «che il danno causato dall’aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo; che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci; che ci siano fondate condizioni di successo; che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare» (2309).
Chiesa e “ingerenza umanitaria”
È chiaro quindi perché la Chiesa sia stata e sia a volte “pacifista” e a volte “non pacifista”. E perché lo stesso Francesco, per restare al Medio Oriente, si sia opposto all’idea di Barack Obama di intervenire militarmente in Siria e auspichi invece un intervento dell’Onu in Iraq. In Siria era ancora possibile usare «tutti gli altri mezzi» (e infatti l’arsenale chimico di Assad fu eliminato) e non era affatto certo che «il ricorso alle armi » non provocasse «mali più gravi del male da eliminare»: proprio lo sfondamento dell’Isis in Iraq dimostra che il rischio era assai reale. In Iraq le condizioni sono diverse, e bisognerebbe essere ciechi per non vederlo.
La stessa Chiesa, e per le stesse identiche ragioni, fu a favore della “ingerenza umanitaria” nel Kosovo e della “polizia internazionale” in Afghanistan ma anche strenuamente contraria alla guerra anglo-americana del 2003 contro Saddam Hussein: guerra di aggressione, giustificata con l’esibizione di prove false all’Onu, che poteva essere evitata impiegando altri mezzi e che ha provocato mali più grandi del male eliminato. Come, di nuovo, la situazione odierna dell’Iraq dimostra.
È normale, infine, che Francesco chieda, oggi, all’Onu di fare l’Onu, di darsi una mossa e pensare a una qualche forma di intervento: non è stato creato proprio per questo? Ed è meglio che intervenga l’Onu perché, come lo stesso Papa ha spiegato, «dobbiamo avere memoria di quante volte con questa scusa di fermare l’aggressione ingiusta le potenze si sono impadronite dei popoli e hanno fatto vere guerre di conquista».
Certe letture delle parole di Francesco fanno venire il sospetto che si voglia solo incrinare l’autorevolezza della Chiesa e oscurarne la presenza, così “ingombrante” laddove si parla di guerra. Non tanto perché la Chiesa sia, appunto, pacifista, ma proprio per quanto Francesco ha aggiunto durante il volo di ritorno dalla Corea del Sud: la Terza guerra mondiale è in effetti già in corso, anche se a pezzi.