IL FONDO SULLA STRADA PER KIEV

Yatsenyuk e il FondoLe dimissioni del premier Yatsenyuk in Parlamento.

(2.continua) Come si diceva, l’economia dell’Ucraina, plasmata nel dopo-Urss dalle esigenze rapaci degli oligarchi, necessita da lungo tempo di profonde riforme. Il regime di Viktor Yanukovich, eletto dopo il sostanziale fallimento della Rivoluzione Arancione,  prometteva a una parte degli oligarchi quieto vivere e sereno arricchimento all’ombra di Mosca e di un’economia assistita dallo Stato. Ora, un’altra classe di oligarchi, di cui il simbolo più evidente è il nuovo presidente Petro Poroshenko, industriale del cioccolato ma anche delle automobili e dei media, promette di mettere il Paese su una strada diversa, fatta di economia di mercato, concorrenza, Europa e Occidente. Come abbiamo visto, però, il giovane premier Arsenyi Yatsenyuk, portato all’incarico dall’onda di Euromaidan, si è già dimesso, accusando alcuni partiti della coalizione (in particolare, l’estrema destra di Svoboda e la destra moderata di Udar) di boicottare l’operato del Governo, facendo mancare i voti per approvare le misure necessarie e urgenti. La rabbia di Yatsenyuk si spiega con la necessità. Il Fondo Monetario Internazionale ha promesso 17 miliardi di dollari ma ne ha versati solo 3,2. Gli altri arriveranno, a rate, se saranno varate le riforme che il Fondo ritiene necessarie. Nel documento con cui il Fondo ha esaminato il caso dell’Ucraina e ha concesso la propria assistenza, è detto a chiare lettere: “Il successo del programma dipende dall’inflessibile dedizione delle autorità (ucraine, n.d.r) alle correzioni macroeconomiche e alle riforme”. Tutto giusto, tutto sensato. Il problema, che nessuno finora si è incaricato di illustrare agli ucraini, è che le riforme richieste dal Fondo sono radicali e lo stato dell’economia del Paese disastroso. Il che da un lato spiega la stagnazione dell’epoca Yanukovich (non faccio nulla e mi copro di debiti perché fare qualcosa è troppo difficile; così inoltre, non scomodo nessun oligarca e mi arricchisco anch’io) e dall’altro spiega le dimissioni di Yatsenyuk: chi glielo dice, ora, ai cittadini, per quali forche caudine ora devono passare?

Il Fondo chiede gli aumenti

Facciamo un esempio pratico: la riforma del settore energetico, in particolare quello del gas. Il Fondo Monetario Internazionale, a pagina 30 dell’accordo firmato con l’Ucraina, chiede questo: “La Commissione nazionale che regola il prezzo del gas renderà ufficialmente pubblica la decisione di aumentare le tariffe del gas per uso domestico del 56% a partire dal 1 maggio 2014. Allo stesso modo, sarà adottata la decisione di aumentare le tariffe del riscaldamento per abitazione del 40% in media a partire dal 1 luglio 2014”. Nello stesso tempo, bisogna riformare la struttura dell’intero settore del gas. Naftogas, l’azienda di Stato monopolista del settore, però ha un debito di 7,7 miliardi di dollari, in un Paese che non ha una lira. Il Governo Yatsenyuk, nel rispetto dei patti fatti con il Fondo Monetario Internazionale, ha presentato un progetto di legge per dividere l’azienda in due: da un lato la produzione, dall’altro la distribuzione. Ha inserito una serie di emendamenti per autorizzare le aziende Usa a entrare nel settore. Ha chiesto poteri straordinari, “emergenziali”, per gestire l’intero settore. E poi si è arenato sulla questione dei rincari. Sono tanti, anche nel fronte dell’Euromaidan, a non voler metter la faccia su un pacchetto di provvedimenti, ispirato dal Fondo Monetario Internazionale, che comprende, oltre appunto all’aumento delle tariffe pubbliche, un salto in alto del costo della vita (c’è in ballo un aumento dell’Iva che andrà dal 25% in su, fino al 42,5% per generi voluttuari come alcolici e tabacchi), il taglio dell’assistenza sociale, il blocco delle pensioni e dei salari minimi, due mesi di ferie forzate non pagate per i dipendenti pubblici in vista di un taglio del 10% (pari a 24 mila persone) del personale. Perché anche l’ex pugile Vitalij Klitchko, sindaco di Kiev e leader di Udar, e quel fascista di Oleh Tjahnjbok, leader di Svoboda, capiscono che l’entusiasmo per la svolta potrebbe passare in fretta. (2.continua) Prima puntata: “Yatsenyuk e il prezzo delle riforme” Segui anche “Gerusalemme, Damasco e dintorni”, il blog sul Medio Oriente di Famiglia Cristiana  

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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