KIRILL E LA CHIESA ORTODOSSA NELLA CRISI UCRAINA

Kirill e PutinIl patriarca Kirill abbraccia Vladimir Putin.

Era quasi inevitabile e infatti è successo: lo scontro politico, per non dire militare, tra Russia e Ucraina coinvolge anche le Chiese ortodosse. Volodymir Yushkevich, ministro della Cultura del governo provvisorio ucraino, ha dichiarato che una visita a Kiev di Kirill, dal 2009 patriarca di Mosca e di tutte le Russie, sarebbe “non desiderabile, provocatoria e pensata per scopi politici”. Il riferimento è alla visita al monastero delle Grotte, meravigliosa culla medievale del cristianesimo russo, che Kirill compie ogni anno, da quando è stato eletto Patriarca, per il 15 luglio, data in cui si onora la morte di san Vladimir, il principe kieviano che nel 988 cristianizzò le terre russe.

Da quando, nell’inverno scorso, in Ucraina è cominciata la crisi del regime Yanukovich, il patriarca Kirill si è trovato in grossa difficoltà, stretto tra il patto politico siglato con Vladimir Putin e il timore di recidere in modo definitivo i contatti con i fedeli dell’Ucraina, la seconda nazione per numero di ortodossi al mondo dopo la Russia stessa. Così il Patriarca ha cercato di barcamenarsi: il 17 marzo, quando Putin rivolse al Parlamento il suo infiammato discorso in difesa dell’annessione della Crimea, Kirill non si fece vedere e mandò invece l’anziano metropolita Juvenalij. Ma ancor prima lo stesso Kirill aveva paragonato le proteste di EuroMaidan alla rivoluzione Bolscevica, dicendo che non avrebbero fatto altro che portare divisione tra i fedeli russi e ucraini.

Un equilibrio difficile, per non dire impossibile. Intanto perché il concetto di “russkij mir” (mondo russo), tanto caro al Patriarca, suona alle orecchi di molti insidiosamente vicino all’idea di “spazio russo” così cara al Cremlino. E poi anche perché la situazione tra le Chiese, ortodosse e non, in Ucraina, era comunque assai tesa e complicata.

La Chiesa ortodossa russa di Ucraina – patriarcato di Mosca, attualmente guidata dal metropolita Vladimir di Kiev, è la più grande e seguita del Paese (12.500 comunità parrocchiali) ed è, come dice il nome stesso, legata al patriarcato di Mosca. E’ peraltro, l’unica Chiesa ortodossa ucraina a essere ufficialmente riconosciuta dalle Chiese ortodosse degli altri Paesi.

Kirill e la sfida di Filaret

Negli anni Novanta, quando l’Ucraina divenne indipendente, si formò poi la Chiesa ortodossa d’Ucraina – patriarcato di Kiev, guidata dal metropolita Filaret Denisenko, che aveva conteso ad Alessio II nel 1990 la nomina a patriarca di Mosca e che per Kirill (a lungo “ministro degli Esteri del Patriarcato moscovita) ha sempre avuto poca simpatia. A questa Chiesa ortodossa se ne aggiunge una terza, la Chiesa ortodossa autocefala d’Ucraina, nata in opposizione alla Rivoluzione bolscevica, sviluppatasi nella diaspora e negli ultimi tempi indebolita da una serie di defezioni a favore della Chiesa guidata da Filaret. Per completare il quadro, c’è anche la Chiesa greco-cattolica d’Ucraina che opera in comunione con Roma. Vietata ai tempi dell’Urss e perseguitata da Stain, è diffusa soprattutto nella parte occidentale del Paese, anche se nel 2005 la sede primaziale è stata trasferita da Leopoli a Kiev.

Per diverse ragioni, tutte queste Chiese hanno guardato e guardano con diffidenza a Mosca e ai suoi progetti: fossero questi “laici”, vedi Putin e il Cremlino, o religiosi, vedi Kirill e il Patriarcato. Le persecuzioni hanno segnato tutti, le ambizioni opposte hanno indirizzato la linea di Filaret e della sua Chiesa nazionale. E tutte le Chiese ucraine sono fortemente segnate da un tasso di nazionalismo non inferiore a quello della Chiesa sorella di Mosca. Il metropolita Filaret di recente ha detto: “L’idea di “russkij mir” che Kirill difende non ha nulla a che vedere con l’unità dei fedeli ma piuttosto con un’idea di impero avvolta in graziosa carta da regalo. Si tratta di creare un nuovo impero. L’Unione doganale è la base di questo nuovo impero”. Essendo l’Unione doganale il patto politico-commerciale che Putin aveva proposto a Yanukovich e di cui fanno già parte Belorussia e Kazakhstan, le parole di Filaret sono un ottimo esempio di propaganda politica travestita da sermone.

L’attuale polemica, dunque, sarà di difficile composizione. Sono troppi gli attori che hanno un interesse politico a coinvolgere le Chiese nell’attuale confusione. E troppo deboli sembrano gli uomini di Chiesa per resistere a certe pressioni.

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Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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