ABU MAZEN E NETANYAHU, UN’ESTATE CALDA

Abu Mazen con NetanyahuIl presidente palestinese Abu Mazen (a sinistra) con il premier israeliano Netanyahu.

Come ho già avuto modo di scrivere, l’inattesa “convocazione” di Abu Mazen e Shimon Peres in Vaticano da parte di papa Francesco (l’8 giugno) ha spiazzato tutti, anche e soprattutto perché è arrivata a incidere su una situazione che già di suo era ed è in pieno movimento.


E’ molto probabile che nei dintorni dell’8 giugno i palestinesi annuncino la formazione di quel Governo di unità nazionale pattuito qualche settimana fa tra Al Fatah e Hamas, formazione poi rinviata anche la data in origine scelta per l’annuncio (29 maggio) era troppo a ridosso della visita papale. Conoscendo i palestinesi, tutto potrebbe ancora andare a carte quarantotto. Al momento, però, tutto lascia prevedere che si tratterà di un Governo zeppo di tecnici, guidato da Abu Mazen, attuale presidente e leader di Al Fatah.

Un tale Governo metterebbe la sordina al fatto che Hamas non ha mai riconosciuto Israele e non ha mai rinunciato alla prospettiva della lotta armata. Guidato da Abu Mazen il moderato, quel Governo potrebbe anzi mettersi a trattare col Quartetto (Ue, Usa, Onu, Russia, con Tony Blair a fare da rappresentante per tutti) per uniformare la posizioni di Al Fatah e Hamas, rafforzando il potere contrattuale di Al Fatah e moderando i furori antistorici di Hamas.

Estate calda per Abu Mazen e Netanyahu

Se così fosse, per Benjamin Netanyahu e la sua maggioranza di centro-destra (Likud, Beitenu, Yesh Atid, Focolare Ebraico e Hatnua) si aprirebbe una fase difficile. Intanto, ci sarebbe la pressione dell’enorme carisma di papa Francesco, che auspica ovviamente un segnale di distensione. Poi ci sarebbe quella del Quartetto e del resto del mondo, che non ne può più della finta trattative di pace che israeliani e palestinesi (e gli stessi Abu Mazen e Netanyahu) mettono in scena da tempo immemorabile senza concludere nulla, tenendo così acceso un focolaio di tensione in un Medio oriente che di tensioni ne ha fin troppe. 

Infine, ci sarebbe anche la pressione interna: perché la maggioranza di Netanyahu (68 seggi in Parlamento su 120) è tenuta insieme quasi solo dal sentimento anti-palestinese e dall’accorto uso della sindrome da accerchiamento. Ma se i palestinesi fossero, per una volta nella loro storia, abbastanza intelligenti da togliere qualche base a tale sindrome? Se Abu Mazen potesse dire: parlo a nome di tutti i palestinesi, che rinunciano alla lotta armata?

IntantoTsipi Livni (Hatnua) e Isaac Herzog (Partito Laburista) trattano da mesi per una fusione delle due formazioni che, se realizzata, avrebbe più seggi (21) di quelli del Likud di Netnyahu (20) e porterebbe in tempi brevi a elezioni anticipate. L’estate, insomma, si preannuncia calda.

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Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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