KARZAI L’INCOGNITA DELL’AFGHANISTAN CHE VOTA

KarzaiHamid Karzai, per 13 anni al potere in Afghanistan

Pare che più di 7 milioni di afghani, sui 12 aventi diritto, si siano recati a votare. Ed è una buona notizia, se teniamo presente che per proteggere i seggi sono stati mobilitati 200 mila tra soldati e poliziotti. Tre candidati: Abdullah Abdullah, già ministro dei Governi di Hamid Karzai prima della clamorosa rottura con il Presidente nel 2006; Zalmai Rassoul, ex ministro degli Esteri, considerato da molti il candidato di Karzai; e Ashraf Ghani, un tecnocrate che ha lavorato anche per la Banca mondiale, outsider senza molte speranze. Un voto con cui l’Afghanistan cerca di inventarsi un futuro in vista dell’imminente ritiro totale delle truppe straniere, ma un voto su cui pesano tante incognite. Tra le quali, non ultima, l’incognita Karzai.

Che farà Karzai? E’ difficile immaginare che l’uomo che ha guidato l’Afghanistan negli ultimi 13 anni, anche al netto dei mesi di residuo potere (tanto ci vorrà per esaurire la complessa procedura elettorale) che gli restano, si appresti a frequentare i giardinetti sospirando sul tempo che fu. Karzai ha solo 57 anni e ha gestito con  grande disinvoltura, e persino cinismo, il grande potere che gli fu in pratica consegnato dagli americani dopo la cacciata dei talebani nel 2001. E proprio gli americani hanno avuto occasione di dolersi di Karzai, che negli ultimi tempi ha avviato le trattative con i talebani e ha rifiutato alla Casa Bianca la firma di un accordo sulla sicurezza che avrebbe permesso alle truppe Usa di fermarsi in Afghanistan anche oltre il 2014.

La scommessa di Karzai

Karzai ha scommesso pesante sul futuro del suo Paese ed è chiaro che, nello stesso tempo, ha scommesso di poter conservare un ruolo importante anche una volta lasciata la presidenza. Per farlo, Karzai può contare su due non piccole armi. La prima sono i contatti che ha stabilito con i talebani: Karzai ha difeso la trattativa con loro anche contro il parere di Obama ed è evidente che si tratta di un rapporto fiduciario molto personale. Togliere di scena Karzai costerebbe al nuovo Governo afghano un periodo di disordini e, con ogni probabilità, un incremento degli attentati e dell’instabilità.

La seconda arma di Karzai somiglia molto alla prima. Il Presidente, nei suoi tredici anni al potere, è stato spesso accusato di corruzione e di malversazioni. Molti di quegli intrighi sono stati spesi da Karzai per soffocare le rivalità di tribù e di clan, soffocandole con favori, gratifiche, prebende e quant’altro. Una ragnatela di “do ut des” (altro che voto di scambio) che lui ha costruito e che nessuno conosce come lui. Fatto innegabile, con cui dovrà comunque fare i conti il suo successore: sia Abdullah Abdullah sia Zalmai Rassoul sono pashtun, lo stesso gruppo etnico di Karzai, quello maggioritario in Afghanistan. Chiunque vinca, vedrà sempre spuntare alle sue spalle l’ombra di Karzai.

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Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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