UCRAINA: ASPETTANDO LA MOSSA DI PUTIN

Ora che la “rivoluzione” e la “democrazia” hanno vinto e il regime di Viktor Yanukovich è finito, tutti si domandano che cosa farà la Russia di Vladimir Putin e si dicono che, in un modo o nell’altro, con il Cremlino si dovrà trovare un accordo. Un po’ tardi, no?

Kiev, una manifestazione per Yulia Tymoshenko.

Anche se togliamo le virgolette di cui sopra, infatti, e diamo per scontato che tutto andrà per il meglio e gli estremisti di destra del partito Svoboda non cercheranno di passare all’incasso, il prossimo pezzo di strada per l’Ucraina è già tracciato. A maggio si terranno le elezioni presidenziali anticipate e se deciderà di parteciparvi,Yulia Tymoshenko sarà la sicura vincitrice. Il Partito delle Regioni, ch’era il bastione politico di Yanukovich, si scioglierà o sarà ridotto ai minimi termini, essendo ormai impresentabile, e i suoi uomini proveranno a riciclarsi o usciranno dalla politica. Si va verso una riedizione della Rivoluzione Arancione che già una volta nel 2004, con il concreto appoggio degli Usa, arrivò al potere.

Fin qui, potrebbe andare tutto bene. Però… Ci sono condizioni oggettive che nessuno può ignorare. Nell’economia, certo: la Russia (che ha 1.500 chilometri di confine di terra con l’Ucraina) fornisce in pratica tutta l’energia (gas, petrolio, combustibile per le centrali nucleari) di cui l’energia ha bisogno per tirare avanti; l’import-export con la Russia, inoltre, vale circa il 20-22% dell’intero commercio ucraino. Il “peso” della Russia, poi, è particolarmente avvertito nella parte Est del Paese, dove la struttura produttiva è di tipo chiaramente post-sovietico: miniene e industria pesante in primo luogo.

Ma non solo. C’è la demografia: circa il 20% della popolazione ucraina è russofono, in pratica sono dei russi a suo tempo trapiantati da queste parti. C’è la cultura: dall’Ucraina partì la cristianizzazione dell’Est europeo, il Monastero delle Grotte di Kiev è da più di mille anni il faro spirituale di quella parte di mondo. Insomma, è un po’ difficile negare che la Russia e l’Ucraina abbiano forti legami reciproci. Un po’ più forti, per esempio, di quelli che legano l’Ucraina alla Francia o alla Spagna o alla Svezia, insomma alla gran parte dei Paesi della Ue.

Naturalmente ci sono anche forti pulsioni contrarie, soprattutto nella parte Ovest dell’Ucraina:qui prevalgono i servizi e l’agricoltura, qui il ricordo delle stragi per fame compiute dai sovietici nei primi anni Trenta è fortissimo, qui l’impero austro-ungarico ha lasciato tracce importanti, qui l’orgoglio nazionale è vivissimo.

A dispetto di quel che molti dicono, la Ue (oggi, almeno) non può prendere il posto della Russia nel sostegno economico all’Ucraina: non è un caso se i colloqui per il processo di adesione all’Unione andavano avanti da più di dieci anni quando, il 21 novembre 2013, Yanukovich decise di mandare tutto a monte e prendersi i 15 miliardi di euro e il mega-sconto su gas e petrolio (prezzo ridotto del 30%) offerto da Mosca. Quindi, che fare?

In realtà, la Ue e gli Usa ora possono fare poco. Hanno incitato per mesi le opposizioni, ma la Ue è debole (anche economicamente) e gli Usa sono lontani. Ora tutto dipende da ciò che deciderà di fare Putin, che certo non assisterà passivamente allo “scippo” di un Paese così importante per la sua visione strategica. E Putin può fare molto, cosa che certo non tranquillizza. Chiudere i rubinetti di gas e petrolio? Possibile ma difficile, perché i gasdotti che passano in Ucraina raggiungono l’Europa, la gallina dalle uova d’oro per il Cremlino, che provvede al 25% dei nostri consumi. Tagliare le forniture di combustibile nucleare? Facile. Dazi più pesanti sulle importazioni dall’Ucraina? Facile anche questo.

Ma il vero timore è che Putin possa spingere per la disgregazione del Paese, incitando la parte russofona della popolazione a staccare da Kiev la parte Est o la Crimea. E lasciando la parte Ovest al suo destino, che sarebbe bipartito: il peso economico sulle spalle della Ue, il controllo politico nelle mani degli Usa. Anche questo non sarebbe particolarmente difficile per zar Vladimir.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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