2014, L’AFGHANISTAN RESTA SOLO

Un pattugliamento in elicottero delle truppe Isaf.

DI ALBERTO CHIARA – Alla vigilia dell’ultimo Natale erano ancora tanti. Le cifre ufficiali, fornite dal comando dell’Isaf, la missione Nato presente da anni in Afghanistan, parlavano di contingenti inviati da 49 Paesi, 84.271 militari in tutto, 60.000 dei quali americani, circa 8.000 inglesi, 3.000 tedeschi, 2.800 italiani e via diminuendo. Il 2014 rappresenterà una svolta, da qualunque punto di vista si voglia osservare la questione afghana.

Un pattugliamento in elicottero delle truppe Isaf.

Con il 31 dicembre dell’anno appena cominciato, infatti, in rapida dissolvenza Isaf cederà il passo a Resolute Support, una missione che, nelle intenzioni, almeno, non sarà di guerra, in quanto il suo obiettivo vuol essere quello di addestrare e consigliare le forze di sicurezza locali, rafforzando le istituzioni. Oltre che differente dal punto di vista qualitativo, la nuova missione si presenta «significativamente più piccola in termini di uomini impegnati sul terreno », ha assicurato il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen.

Dopo un conflitto che in dodici anni ha causato la morte di oltre 16.700 civili afghani e di 3.375 soldati occidentali (di cui 53 italiani), ci si interroga sul futuro. Un paio di indizi ci sono. Il primo è decisamente negativo. L’Afghanistan rimane un narcostato. Il 2013 ha segnato un altro triste record al riguardo: la produzione di papaveri da oppio, da cui si ricava l’eroina, si è attestata sulle 5.500 tonnellate nel 2013 (49% in più rispetto all’anno precedente).

L’Unodc, l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine, osserva con amara ironia che i raccolti avrebbero potuto essere ancora maggiori, se non ci fossero state condizioni meteorologiche sfavorevoli, in particolare nelle regioni del Sud e dell’Ovest. Il giro d’affari alimentato dalla droga, calcolano gli esperti, a conti fatti dovrebbe essere stato, per il 2013, pari a un miliardo di dollari, il 4% dell’intero Pil afghano. L’aumento delle superfici coltivate, ragionano alcuni analisti, si spiega con una duplice incertezza: cosa avverrà nell’aprile 2014, mese in cui si terranno le elezioni presidenziali e Hamid Karzai, che non può ripresentarsi, lascerà campo libero a una corte di rivali, legati spesso al narcotraffico; e cosa accadrà dal 31 dicembre in poi, quando la presenza militare si ridurrà e cambierà natura.

Il secondo indizio lascia maggior spazio alla speranza. «Nella società afghana c’è una forte voglia di pace, c’è un forte sostegno per il negoziato politico con i movimenti antigovernativi e quindi con i talebani. Però c’è una critica radicale al modo in cui sia il Governo afghano sia la comunità internazionale lo stanno portando avanti. La gente chiede chiarezza, trasparenza sui metodi e sugli obiettivi finali del negoziato», ha dichiarato alcuni giorni fa alla Radio Vaticana Giuliano Battiston che ha condotto una ricerca sul campo.

Con il ritiro delle truppe internazionali Nato servirebbero alle forze armate afghane 4,1 miliardi di dollari che sia gli Usa sia gli altri Paesi della coalizione si sono impegnati a stanziare. «Ma a un patto», precisa Battiston, «che il Governo afghano promuova riforme che garantiscano la battaglia contro la corruzione e che accetti un patto bilaterale di sicurezza con gli Stati Uniti. Un patto fin qui rimandato da Karzai che sta cercando sponde politiche con diversi Paesi, a partire dall’India, uno dei principali partner commerciali. Talvolta sono rapporti ambivalenti e controversi come quelli con il Pakistan e con l’Iran».

di Alberto Chiara

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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