L’incubo della Siria si è arricchito di nuovi, deliranti caratteristiche. A Raqqa e nelle zone del Nord controllate dai ribelli l’esercito di Assad si è tirato da parte e osserva con un certo distacco lo scontro in atto tra fazioni diverse dei ribelli. E questa è già una cosa. Poi c’è questa: che le “fazioni diverse” non sono affatto diverse.
I combattimenti, infatti, si svolgono tra i guerriglieri islamisti dell’Isi (Stato islamico dell’Iraq e al-Shams) e i guerriglieri islamisti del Fronte Islamico. Differenze ideologiche e/o religiose? Nessuna. Comportamento sul campo? Quasi identico, stragi settarie e crimini di guerra compresi. Per essere onesti bisognerebbe dire che l’Isis si è segnalato anche per le pubbliche frustate inflitte in molti villaggi a coloro che mancavano la preghiera del venerdì. Ma quando ti impongono la shari’a, ti picchiano, ti minacciano e magari ti fanno saltare la casa, non è che qualche frustata in più faccia tanta differenza.
Sia l’Isis sia il Fronte Islamico vogliono re-islamizzare la regione, a loro parere evidentemente troppo “laica”. L’uno e l’altro hanno in comune anche lo sponsor, che per l’Isis all’inizio fu l’Arabia Saudita mentre per il Fronte Islamico è adesso… l’Arabia Saudita. Il regno dei petrodollari, infatti, ha appoggiato prima l’uno e poi l’altro. L’Isis ha un pochino esagerato, soprattutto andandosene in Iraq a occupare città come Fallujah; nel frattempo gli Usa, forse anche perché un po’ spaventati da quanto succedeva in Siria (anche a causa dell’Isi, appunto) e in Iraq, hanno ricominciato a parlare con l’Iran. Così l’Arabia Saudita ha tirato un colpo di freno e adesso i suoi denari e il suo ottimo servizio segreto aiutano il Fronte Islamico, che non a caso sta prendendo il sopravvento.
Ma il più paradossale dei paradossi è che a dar retta a molti questo sarebbe progresso, la rivincita dei buoni sui cattivi. Anche se, per dirne un’altra, tra i gruppi che combattono l’Isis c’è anche Jabhat al-Nusra, una delle tante formazioni affiliate ad Al Qaeda, che da anni gli Usa hanno sulla lista dei gruppi terroristici da combattere. Il che rende perfettamente l’idea del colossale pasticcio che abbiamo contribuito a creare in Siria e della trasformazione a cui abbiamo collaborato: dovevamo dare dignità politica alla democratica protesta dei siriani e invece abbiamo dato un ruolo politico ai terroristi.