LE BOMBE E I RAGAZZI DI BAGHDAD

Il sito di un attentato a Baghdad.

Tra qualche giorno, insieme con i rappresentanti della Fondazione Giovanni Paolo II, dovrei partire per Baghdad. Laggiù, dopo un lavoro durato tre anni tra le immaginabili difficoltà, la Fondazione dovrebbe partecipare all’inaugurazione della Cittadella dei ragazzi che il Patriarcato latino guidato da monsignor Sleiman, grazie alla collaborazione della Chiesa italiana, mette a disposizione dei giovani iracheni, cristiani e non.

Il sito di un attentato a Baghdad.

Nel frattempo le notizie sono quel che sono: 200 civili uccisi nella sola giornata di ieri in tutto l’Iraq; 600 nel mese di novembre; 6.000 nel 2013, finora. siamo poco sotto i bilanci drammatici degli anni peggiori, quelli tra il 2005 e il 2007. Il premier sciita Nur al Maliki ha molto contribuito, con la propria cecità politica, ad accendere di nuovo la miccia: la sua politica palesemente ostile, se non discriminatoria, verso i sunniti si ritorce ora contro di lui e il suo Paese.

Ma c’è anche l’altro lato della medaglia: il terrorismo sunnita, con frange dichiaratamente affiliate ad Al Qaeda (o a ciò che ne ha preso il posto), in ogni caso largamente (quanto a mezzi) appoggiato dalle ricche monarchie del Golfo. In prima fila l’Arabia Saudita, che fu l’unico Paese insieme con il Pakistan a riconoscere ufficialmente il Governo dei talebani in Afghanistan.

La domanda è: perché non desta scandalo questa specifica violenza? Perché nessuno se ne preoccupa? Perché Usa e Francia volevano bombardare la Siria delle armi chimiche e osservano con indifferenza la strage, nei numeri assai più crudele delle stragi con le armi chimiche di Assad, che si perpetua in Iraq? Due settimane fa, l’ambasciata dell’Iran in Libano è stata colpita da un attentato di kamikaze. Quante articolesse dietrologiche avete letto? Quanti approfondimenti? Quali ricerche del mandante, che da qualche parte deve pur esserci?

Fate il confronto con l’eco dell’assalto al consolato Usa di Tripoli (Libia) e sarà facile capire perché in Medio Oriente non caviamo un ragno dal buco: perché continuiamo a spacciare per principi (libertà, democrazia, pace…) quelli che sono solo concretissimi interessi di parte. Ovviamente non inganniamo più nessuno. Tranne noi stessi.

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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