Non prevede alcuna sanzione automatica in caso di non osservanza, da parte del regime di Assad, della richiesta di consegnare tutte le armi chimiche. Se Assad farà il furbo, la “pratica” tornerà al Consiglio di Sicurezza che dovrà decidere che fare, con la possibilità di arrivare anche all’intervento armato. Nulla quindi è garantito, tutto è ancora da realizzare. Ma l’accordo sulla Siria raggiunto dai 15 Paesi del Consiglio di Sicurezza dell’Onu (tra cui i 5 membri permanenti, cioè Usa, Russia, Gran Bretagna, Cina e Francia) è di gran lunga l’atto migliore e più importante siglato dalla diplomazia internazionale in due anni e mezzo di massacro.
Questo da un lato dimostra in quali condizioni sia la diplomazia internazionale, e quanto profonde siano le divisioni all’interno del Consiglio. Dall’altro, però, rivela a quale velocità stiano cambiando, pare in meglio, i rapporti tra gli Usa e l’Iran.
Dell’offensiva di charme del presidente iraniano Rohani ho già scritto. A quanto pare, però, qualche progresso è stato fatto perché il ministro degli Esteri Mohammed Javad Zarif, a margine dei colloqui sulla Siria, ha fatto precisi riferimenti a una risoluzione Onu di prossima redazione, destinata a placare l’ormai lunghissima disputa tra l’Occidente e l’Iran sul tema del nucleare.
Appare così del tutto evidente che la crisi siriana (e la sorte di Assad) e il nucleare iraniano sono ormai capitoli di uno stesso libro, indissolubilmente legati. Nella buona come nella cattiva sorte.