PUBBLICO O PRIVATO, SEMPRE DEBITO E’

Il debito degli italiani è arrivato al 400% del Pil.

Austerità o crescita? Certo, ai politici e i loro reggicoda piace di più parlare di “crescita”: li fa sembrare moderni e sensibili ai problemi della gente. Austerità vuol dire sacrifici, crollo del tenore di vita: a chi può piacere? Parlano, parlano, ma di crescita non si vede l’ombra. Così facendo, però, nascondono la vera natura della crisi economica in europa, che era ed è una crisi del debito.

Il debito degli italiani è arrivato al 400% del Pil.

In poche parole: per molti anni abbiamo speso più del lecito. Una specie di piramide che alla fine è crollata, a partire dalla Grecia (che falsificava addirittura i bilanci dello Stato, per non farsi beccare dalla Ue) per proseguire con Italia, Spagna, Irlanda, Portogallo… Certo, in teoria si può crescere anche facendo debiti: chiedi un prestito (debito), investi in modo produttivo (crescita), restituisci il debito e ti tieni il surplus. Peccato che il panorama sia fitto di Paesi che non hanno una lira (e quindi non possono farci prestiti); i rari Paesi che dispongono di liquidità, come la Germania, o non si fidano (chi presterebbe soldi a chi è noto per dissiparli?) o sono già impegnati a salvarci da un crac (la Germania mette, da sola, il 27% del Fondo Salva Stati europeo) che alla fine coinvolgerebbe anche loro.

Tutto il resto è frottola. Non a caso, in questi giorni, lo spread ha rialzato la testa proprio perché gli investitori sono intimoriti da due potenziali crisi di Governo: quella già in atto in Portogallo e quella minacciata ai danni del Governo Letta in Italia. Crisi che, manco a dirlo, farebbero saltare le politiche di controllo del debito che Portogallo e Italia cercano di attuare.

L’aspetto oggi più interessante, però, è un altro. Negli anni della gestione economica del duo Berlusconi-Tremonti (o viceversa), era una specie di dogma l’idea che bisognasse distinguere tra debito pubblico (quello dello Stato) e debito privato (quello di famiglie, imprese, istituzioni finanziarie), per poi far notare che l’Italia aveva un debito pubblico importante ma un debito privato ridotto e che, quindi, stavamo meglio di quanto si pensasse. Una grande sciocchezza.

E infatti che succede? Il debito privato si è impennato e oggi, sommandolo al debito pubblico, siamo al 400% del Prodotto interno lordo. Ad appesantire il debito privato italiano pare sia soprattutto la situazione critica delle aziende, ma questo ha poca importanza. E’ chiaro che la distinzione “debito pubblico” vs “debito privato” non ha senso. Lo Stato, e quindi i suoi debiti, non sono una cosa separata dalla vita economica e sociale dei cittadini. Se lo Stato è gestito male e accumula debiti, c’è una sola alternativa: o lo Stato taglia le spese, o si rifà sui cittadini.

In altre parole: o rinunciamo al Welfare, alla cassa integrazione, alle scuola pubblica, alla sanità in parte gratuita ecc. ecc., o cacciamo di tasca nostra i quattrini necessari a finanziare tutte quelle belle cose. In Italia è successo un po’ dell’uno e un po’ dell’altro. Lo Stato ha tagliato, quindi le famiglie hanno perso parte delle loro risorse. Così hanno speso e investito meno, quindi le aziende hanno lavorato meno e guadagnato meno. Calando il risparmio delle famiglie e l’attività delle aziende, anche le istituzioni finanziarie hanno perso parte del giro d’affari. Proiettato su molti anni (la crisi mondiale è partita nel 2008), questo processo ha fatto crescere il debito privato, mentre quello pubblico rallentava la corsa ma comunque correva. E’ una lezione, durissima, non solo di economia ma anche di etica pubblica: lo Stato siamo noi. Quando noi italiani lo capiremo (su Berlusconi e Tremonti meglio non contare), sarà sempre troppo tardi.

 

 

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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