COREA DEL NORD, I FESSI SIAMO NOI

Kim Jong-un (a destra) con i suoi generali.

Puff, sparita. E’ bastato che il dittatore Kim Jong-un tacesse per un paio di giorni, e la presunta minaccia di guerra atomica da parte della Corea del Nord si è dissolta come neve al sole. E le articolesse in cui si calcolava quale parte degli Usa potesse essere annichilita dai missili nord-coreani, o quale città del Giappone? Sparite anche quelle. E i pareri degli esperti? Mah…

Kim Jong-un (a destra) con i suoi generali.

La minaccia atomica della Corea del Nord somiglia a quella dell’Iran. Anche l’Iran, a dar retta a certa stampa, a certi esperti e  soprattutto a certi politici, è a breve distanza dall’ottenimento della bomba atomica. Però lo è da 15 anni, anche se ogni volta che qualche americano o israeliano agita il drappo rosso, invariabilmente l’opinione pubblica viene convinta di essere sull’orlo dell’olocausto atomico. Per fortuna dopo qualche giorno tutto passa.

Il caso della Corea del Nord è ancora più buffo. Perché i leader iraniani, con quell’idea del paradiso da ottenere con il martirio, possono magari creare qualche preoccupazione. Ma quelli della Corea del Nord? Sono atei, non gliene frega niente di niente, gli importa solo del potere: perché dovrebbero suicidarsi in massa attaccando gli Usa?

I giornali occidentali, tra l’altro, trattano il giovane dittatore Kim Jong-un come un povero cretino, mentre dovremmo partire dal presupposto che i veri cretini siamo noi. Il nipote di Kim Il-sung e figlio di Kim Jong-il, infatti, non fa che replicare (all’ombra della benevolenza della Cina) la tattica così ben esercitata da suo nonno e suo padre. In sostanza, si tratta di ricattare i Paesi ricchi agitando lo spettro atomico, in modo da ottenere i fondi necessari a mantenere in vita il regime e a consentirgli di massacrare il proprio popolo, l’economia del Paese e ogni forma di buon senso.

E’ già successo molte volte, anche prima che il regime ottenesse la bomba. Nel 1994, per esempio, l’anno in cui morì Kim Il-sung e in cui le carestie devastarono le campagne, gli Usa stanziarono imponenti forniture di combustibile e reattori ad “acqua leggera” in cambio della promessa nordcoreana di lasciar stare il nucleare militare. Promessa ovviamente fasulla, tanto che nel 2002 si scoprì che la Corea del Nord aveva varato un programma segreto di arricchimento dell’uranio (come l’Iran, appunto). Gli Usa sospesero ogni aiuto per quattro anni finché, nel 2006, la Corea del Nord fece il suo primo test nucleare, diventando il nono Paese al mondo a disporre della bomba. A quel punto gli Usa ripresero a fornire aiuti.

Dietro le quinte di queste scenette s’intuisce la sagoma dei dirigenti della Cina, che ridono a più non posso nel mettere in imbarazzo, sia pure per interposto dittatore, gli Usa e i loro più stretti alleati asiatici, il Giappone e la Corea del sud. Se non ci fossero i cinesi, il regime di Kim Jong-un durerebbe forse un paio d’ore, incapace com’è di produrre persino l’energia elettrica necessaria a illuminare le caserme.

Ma questa è storia nota. Bisognerebbe piuttosto chiedersi perché Bush e compagnia, così amanti della libertà da volerva diffondere in tutto il Medio Oriente con un po’ di guerra, non si siano mai posti il problema della libertà a cui hanno diritto pure i poveri coreani del Nord. E perché anche Barack Obama tiene così tanto a spaventare i propri cittadini con la brutta fiaba del coreano che vuole lanciare i missili.

Tra l’altro, la Corea del Nord ha già svolto un test atomico quest’anno, il 12 febbraio, nel sito nucleare sotterraneo di Punggye-ri, che è poi stato danneggiato da una serie di inondazioni. E il test è stato  puntualmente registrato dai sistemi di osservazione geologica e sismica americani. In più, la Corea è regolarmente osservata dall’alto con i satelliti. Non solo, quindi, non potrebbe armare i missili senza essere vista e annientata. non potrebbe armarli perché non dispone di bombe atomiche “miniaturizzate”, ovvero rese trasportabili dai missili a lunga gittata.

A quanto pare, dunque, anche le nostre illuminate democrazie ritengono che un po’ di sano spavento faccia bene ai loro cittadini. E in mancanza di meglio, esaurito l’arsenale mitologico delle armi chimiche di Saddam e di Osama bin Laden, può andar bene anche la sgangherata atomica di Kim Jong-un.

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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