MONTI: LA DESTRA IN LODEN NON ESISTE

Mario Monti.

E ora, tutti a prendersela con il magro risultato della forse guidata e ispirata a Mario Monti, proprio come avevano fatto Berlusconi e Bersani durante tutta la campagna. Il Professore, dicono, ha ciccato di brutto. Non ha saputo parlare alla “pancia del Paese” (espressione che, sia detto per inciso, fa capire quale idea abbiamo in Italia del processo elettorale) e così è rimasto ancorato a quel 10% della Camera e 9% del Senato che smentiscono tutti i progetti di creare un centro alternativo sia al centro-sinistra sia al centro-destra.

Mario Monti.

Per quanto si possa anche dire che un’aggregazione politica nata improvvisando due mesi fa, affidata alla stima raccolta da un (ex) premier che ha varato alcune delle riforme più impopolari della storia d’Italia e comunque arrivata al 10%, non sia esattamente un fallimento, è chiaro che gli obiettivi erano altri, e che non sono stati raggiunti.

Quel che non quadra nelle analisi, però, è proprio quell’idea della “pancia”, la convinzione che Monti e i suoi dovessero parlare al popolo. Ma quale popolo! Il fallimento di Monti è assai più grave: non è riuscito a convincere il suo elettorato di riferimento, quelli che sanno che cos’è e quanto vale lo spread, quelli che con la Germania della Merkel fanno affari, quelli che capiscono di economia, quelli che non credono ai sogni. Quelli del loden, i moderati composti ed eleganti, quelli che hanno studiato, la destra rispettabile e cosmopolita.

La buona borghesia imprenditoriale italiana, insomma, si è fatta beffe del Professore e del voto ragionevole e razionale che lui le andava chiedendo. Ancora una volta, tra il piccolo imprenditore lombardo e la pensionata che crede alle mirabolanti promesse sull’Imu non c’è stata differenza: l’uno e l’altra hanno scelto il Cavaliere. Il popolo delle partita Iva e la casalinga di Voghera ancora una volta hanno votato allo stesso modo. Laddove la lista Monti avrebbe dovuto scavare un solco (tra il popolo, appunto, e i borghesi), si è aperto il solito baratro che ha inghiottito proprio il Professore.

Lo confermano i risultati delle regionali, soprattutto quelli della Lombardia, dove Gabriele Albertini, candidato in dichiarata funzione anti-Berlusconi, si leccherà le dita se resterà sopra il 4%. Certo, per tenere il punto il Cavaliere ha dovuto svuotare la Lega Nord. Ma resta il fatto che nelle tre regioni più produttive d’Italia, i produttori hanno voltato le spalle a Monti. E piuttosto che votare lui, hanno preferito tenersi al governo regionale i superstiti di una Lega Nord che ha tanto incarichi ma che, in tema di consenso, conta ormai poco o nulla. In barba a tutto, compresi quei loro sedicenti leader (ricordate Montezemolo e gli altri imprenditori che lanciarono la campagna elettorale di Monti a Bergamo?) che in queste ore osservano silenti le rovine di un’ambizione troppo grande, o troppo confusa, per la borghesia del Bel Paese.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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