2013, LE DONNE CI FANNO TUTTI RICCHI

E se il 2013 fosse l’anno delle donne? In questi giorni di bilanci e di auguri, sperarlo non costa nulla. Ma più che sperare, sarebbe ora di prendere coscienza di quanto molti ricercatori, nei più diversi Paesi, hanno ormai dimostrato: è più che mai necessario varare politiche inclusive per valorizzare il ruolo sociale delle donne. Certo, dirlo in Finlandia o in Svezia fa poco effetto. Persino da noi sembra una cosa scontata (anche se non lo è). Ma se si pensa in termini di pianeta, le cose cambiano drasticamente.

E’ assolutamente consigliabile, in proposito, la lettura di Empowering the Third Billion, il rapporto su donne e lavoro redatto da Booz & Company, la grande società di consulenza per istituzioni e aziende fondata nel 1914 a Chicago (Illinois) da Edwin Booz. Elaborando i dati offerti dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (un’agenzia dell’Onu), i ricercatori sono giunti a queste conclusioni: combinando la categoria di donne “non preparate” al lavoro (perché escluse dalla scuola, dalla formazione professionale, ecc. ecc.) con quella delle donne “non accettate” nel mondo del lavoro (per ragioni culturali, politiche, sociali, ecc. ecc.) e con quella delle donne tra i 20 e i 65 anni d’età, i ricercatori sono giunti all’astronomica cifra di 865 milioni di donne che oggi, nel mondo, sono ancora escluse da un’attiva partecipazione al mondo del lavoro.

Calcolando le donne di età oggi inferiore ai vent’anni, e le bambine nate da poco, nel giro di una generazione, se le cose non cambiano, il numero potrebbe raggiungere il miliardo. Donne che per il 94% vivono nei Paesi poveri o in via di sviluppo. Qualcuno, spiegano i ricercatori, vorrebbe escludere dal conto le donne di India e Cina, comunque coinvolte nel tumultuoso sviluppo dei rispettivi Paesi. Si può discuterne, visti anche i recenti fatti. In ogni caso, anche così facendo si arriverebbe a un totale di 500 milioni di donne, e scusate se sono poche.

Quelli di Booz & Company, però, non si sono fermati qui. Il loro sarà uno studio “business oriented”, ma la seconda parte della ricerca è impressionante. Applicando una serie di calcoli matematici (segnalo qui, semplificandola, l’equazione principale: Per capita GDP = GDP/H x H/E x E/WAP x WAP/P, cioè il Prodotto interno lordo (Pil) per persona = produttività del lavoro x media annua di ore lavorate per occupato x tasso di occupazione x rapporto tra popolazione in età da lavoro e popolazione totale), hanno determinato quale potrebbe essere l’impatto positivo sull’economia di 185 Paesi se le “loro” donne fossero maggiormente inserite nel mondo del lavoro e della produzione collettiva di ricchezza. Ecco quel che potrebbe succedere in termini di incremento del Prodotto Interno Lordo, cioè della ricchezza nazionale:

Argentina + 12%   Brasile + 9%    Cina + 5%    Egitto + 34%    Francia + 4%    Danimarca + 3%    Germania + 4%    India 27%    Italia + 11%    Giappone + 9%

Sudafrica 10%    Spagna + 6%    Svezia + 2%    Tanzania + 2%    Gran Bretagna + 5%    Stati Uniti + 5%.

Il tutto tenendo presente l’enorme quantità di ricchezza che le donne già producono di giorno in giorno in termini di lavoro non retribuito quando svolgono attività domestiche, provvedono alla cura di figli o anziani o, nei Paesi più poveri, compiono operazioni solo in apparenza semplici come procurare l’acqua o las legna da ardere. Nei Paesi dell’Ocse è stato calcolato che ogni giorno ogni donna “spende” appunto 2,4 ore di lavoro non retribuito in più di ogni uomo. Secondo uno studio delle Nazioni Unite, se il cosiddetto “lavoro di cura”, oggi svolto quasi solo dalle donne, fosse “monetizzato”, esso varrebbe una quota tra il 10 e il 39% del Prodotto Interno Lordo.

Il fenomeno è enorme e le poche cifre citate bastano appena a delinearne i confini. Che il 2013 sia l’anno in cui, almeno in questo campo, dalla speranza si provi a passare all’azione.

 

 

 

 

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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