ISRAELE E IRAN: BOMBA O NON BOMBA?

Il premier israeliano Bibi Netanyahu.

Magari l’impressione è solo mia. Ma l’immagine del primo ministro israeliano Bibi Netanyahu, che all’Onu sventolava cartelli con lo stato di avanzamento della bomba atomica dell’Iran, era straordinariamente simile a quella del segretario di Stato Usa Colin Powell che nel 2001 agitava una provetta con uno pseudo-campione delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. Il fatto che Saddam non avesse le armi non dimostra che l’Iran non possa avere la bomba, però…

Il premier israeliano Bibi Netanyahu.

Per quanto gli esaltati dell’uno e dell’altro fronte ostentino certezze, il vero problema è che nessuno sa con precisione come stiano le cose. E quelli che lo sanno probabilmente mentono. Che l’Iran minacci Israele, e lo abbia fatto più volte in passato, è sicuro. Sostenere che le minacce iraniane mettano a repentaglio l’esistenza di Israele, e prefigurino un “secondo Olocausto”, allo stato attuale è ridicolo: è Israele la superpotenza del Medio Oriente, anche a livello atomico. Se poi una considera l’alleanza e l’appoggio (economico, militare, politico) degli Usa…

Certo, le cose cambierebbero se l’Iran avesse, o stesse per avere, la bomba atomica. Ma siamo davvero a quel punto? Il Governo di Israele dice di sì, tanto da prefigurare un attacco armato alle installazioni nucleari degli ayatollah. Però altri Governi di Israele dicevano la stessa cosa già nel 2004 (quando acquistarono dagli Usa bombe speciali per colpire i bunker sotterranei), nel 2005 (esercitazioni navali Usa nel Golfo Persico), nel 2007… In quegli stessi anni, gli ispettori dell’Agenzia atomica dell’Onu, incaricati dei controlli agli impianti nucleari iraniani, dichiaravano di non aver trovato traccia di sviluppi militari. Con tutto il rispetto, è un po’ difficile credere adesso a Netanyahu così, a scatola chiusa.

Inoltre, che cosa sappiamo davvero degli sforzi iraniani per arrivare alla bomba? Qualcosa sappiamo. L’ultimo rapporto dell’Agenzia atomica Onu (leggi il testo completo), datato novembre 2011, fa affermazioni precise. Dice: “L’Iran ha svolto alcune attività che potrebbero essere pertinenti allo sviluppo di un ordigno nucleare”. Alcune di queste attività, precisa il rapporto hanno una valenza civile e militare insieme: cioè, potrebbero essere del tutto pacifiche (perché servono allo sviluppo del nucleare civile) oppure nascondere intenti bellicosi (se usate a scopi bellici). Altre hanno una valenza puramente militare. Infine, dice l’Agenzia, pare che alcune di queste attività vadano avanti da anni, forse addirittura dal 2003. Conclusione: è evidente che nei programmi nucleari dell’Iran c’è della malafede; ma pare ragionevole credere che la costruzione della bomba sia tutt’altro che imminente.

Il presidente iraniano Ahmadinejad in uno degli impianti nucleari.

E poi: un eventuale attacco armato otterrebbe i suoi scopi? All’Iran verrebbe imposto uno stop definitivo? Quali sarebbero le conseguenze? A Israele converrebbe? E agli altri Paesi? Qui i pareri sono ancor più divisi, e non c’è esperto che tenga. Alcuni ex primi ministri di Israele ed ex capi del Mossad, il suo temutissimo servizio segreto, sostengono che un attacco all’Iran sarebbe un disastro, altri che sarebbe una benedizione. Il ministro della Difesa della Germania ha detto che in ogni caso difficilmente i bombardamenti potrebbero distruggere le installazioni iraniane, mentre un politico israeliano ha detto che “l’Iran verrebbe riportato all’età della pietra”. Per non parlare delle eventuali rappresaglie che l’Iran cercherebbe di mettere in atto, contro Israele ma non solo. Del prezzo del petrolio che schizzerebbe in alto. Delle inquietudini del mondo islamico. Ecc. Ecc.

Se a tutto questo aggiungiamo altri fattori già sul tappeto della crisi (per esempio, la cyber-guerra che gli Usa stanno già muovendo alle installazioni iraniane, gli attentati contro gli scienziati iraniani, le sanzioni economiche contro l’Iran…), la pretesa di Netanyahu di coinvolgere gli Usa in una nuova impresa militare pare un po’ spropositata, per non dire immotivata. Tanto da far sorgere una domanda: perché il premier israeliano ne ha bisogno?

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

Altri articoli sul tema

*

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Top