EGITTO, LA SPARTIZIONE DEI POTERI

Il presidente egiziano Mohammed Morsi.

Il siluramento del potente maresciallo (e ministro delle difesa) Al Tantawi da parte del presidente egiziano Mohammed Morsi è arrivato sulla scia delle polemiche per il mancato controllo del Sinai ed è parso un gesto improvviso, quasi avventato. Una sfida ai tradizionali equilibrii del potere vigenti da decenni in Egitto. In parte è così, e in parte no.

Il presidente egiziano Mohammed Morsi.

E’ difficile che Morsi voglia alienarsi le forze armate che, almeno fino a oggi, sono state il più fermo ancoraggio dell’Egitto al favore dell’Occidente e, in particolare degli Usa, che versano ogni anno 1,7 miliardi di dollari in aiuti per la gran parte militari. Le forze armate, inoltre, sono una potenza anche economica e controllano interi settori strategici dell’industria nazionale. Il rapido pensionamento di Al Tantawi, quindi, va letto in una chiave almeno parzialmente diversa da quella, molto gettonata dai giornali, di un brutale regolamento di conti tra Fratelli Musulmani e generali.

 Da molti mesi si è capito che, se l’Egitto vuole restare in piedi, queste due forze devono trovare un compromesso. Lo si era visto con chiarezza assoluta quando il presidente Morsi aveva formato il suo Governo. Dei 35 ministri nominati, 7 erano in carica già con il governo nominato dal Comitato di Sicurezza militare diretto appunto da al Tantawi; 5 escono dalle file del Partito Libertà e Giustizia, cioè dai Fratelli Musulmani; altri 4 sono stati assegnati a figure ben note per il loro impegno contro il defunto regime di Mubarak; il resto è stato distribuito tra tecnocrati e figure di minore spicco politico.

Ancor più chiara era stata la spartizione “qualitativa” dei ministeri. Al Tantawi alla Difesa (lo era già con Mubarak) e il generale Ahmed Gamal al-Din agli Interni. Quest’ultimo (che a differenza di Al Tantawi è ancora al proprio posto) è stato sempre un esponente della linea dura contro i manifestanti di piazza Tahrir; inoltre, suo zio Abd al-Ahad Gamal al-Din per molti anni è stato il leader del gruppo parlamentare del Partito nazional-democratico, il partito di Mubarak.

Il maresciallo Al Tantawi.

Per sé, i Fratelli Musulmani hanno tenuto ministeri meno “pesanti” ma molto influenti presso la popolazione. Quelli dell’Informazione (che in queste ore sta prendendo provvedimenti contro numerosi giornali), della Gioventù (lo occupa Osama Yassin, che durante i giorni di piazza Tahrir era il capo del “servizio d’ordine” dei manifestanti), dell’Educazione superiore e del Lavoro (è ministro  Khaled al-Azhary, un sindacalista che ha conosciuto anche la prigione). quello degli Affari Religiosi è andato a un alleato dei Fratelli Musulmani, Talaat Afifi, vice presidente dell’Associazione islamica per i Diritti e le Riforme, che raccoglie un centinaio tra i più rispettati intellettuali islamici d’Egitto; e quello della Giustizia ad Ahmed Mekki, già vice presidente della Corte di Cassazione, noto per le sue battaglie perl ‘indipendenza della magistratura.

Ai generali la forza, ai Fratelli la persuasione, insomma, in una perenne ricerca di equilibrio. E il fatto che Morsi, dovendo scegliere un vice presidente, abbia puntato su Mekki e non su uno dei ministri del suo partito, spiega bene quanto questa ricerca sia difficile e rischiosa. Per lui, per i generali e per l’Egitto intero.

 

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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