Il Vicariato apostolico dell’Arabia del Nord, retto da monsignor Camillo Ballin, che ha competenza su Kuwait, Bahrain, Qatar e Arabia Saudita e si prende cura di circa 2 milioni e mezzo di cristiani, cambia sede: dal Kuwait si sposta in Bahrain. E’ comprensibile che, nel commentare lo spostamento, le fonti vaticane si preoccupino di tenere un profilo basso e adducano motivazioni soprattutto pratiche, logistiche. Ma la decisione non è priva di implicazioni e di possibili conseguenze.
Monsignor Camillo Ballin, il Vicario, nell’annunciare il trasferimento ha fatto un discreto cenno alla politica dei visti: quella del Bahrain, più morbida, agevolerebbe l'”organizzazione di incontri tra i sacerdoti e i cattolici di altri Paesi”. La questione dei visti è spesso usata come una “barriera” contro le attività della Chiesa, e non solo nei Paesi del Golfo (basta pensare alla Russia). Ma solo qualche mese fa, proprio in Kuwait, monsignor Ballin si era trovato a fronteggiare l’offensiva del partito islamico Al Adala (La Giustizia) per limitare le costruzione di luoghi di culto cristiani nel Paese e, più in generale, per restringere la già non enorme libertà d’azione della Chiesa. Tra l’altro, la situazione dei cristiani in Kuwait è comunque difficile: si tratta nella maggioranza dei casi di lavoratori immigrati dall’Asia che hanno comunque pagato un prezzo alla crisi economica internazionale. In febbraio, il Kuwait Times ha pubblicato un articolo secondo cui il numero dei cristiani nel Paese sarebbe diminuito del 25% negli ultimi 5 anni.
Allo stesso tempo, però, la nuova sede del Vicariato porta con sé un’ombra che non riguarda la Chiesa cattolica ma che andrà in qualche modo gestita. Il piccolo Stato di 33 isole sulla carta è una monarchia costituzionale ma nella realtà è retto in maniera assolutistica dalla famiglia Al Khalifa. Nella primavera del 2011, in sintonia con i moti di protesta della Primavera araba, anche i cittadini del Bahrain scesero in piazza per chiedere più democrazia e libertà. Le proteste (certo non le prime, anche nella storia recente del Paese) furono brutalmente stroncate dalla polizia, con molti morti, arresti arbitrari e processi-farsa. Gli Al Khalifa chiamarono in soccorso anche le forze armate dell’Arabia Saudita, che dispiegarono in Bahrain numerosi reparti corazzati.