LA STRANA GENEROSITA’ DEI RICCHI

Bill Gates (a sinistra) e Warren Buffett.

Perché i ricchi fanno beneficenza? Se lo chiedeva qualche tempo fa, con tono pensoso, persino il Wall Street Journal. L’articolo era breve e vago e si chiudeva con un appello ai lettori. Segno che persino il giornale più abituato a parlare ai ricchi e dei ricchi sul tema non sapeva bene che cosa dire.

Bill Gates (a sinistra) e Warren Buffett.

È possibile che la domanda tormenti anche qualcuno degli interessati. Emma Marcegaglia, ex presidente di Confindustria e co-titolare del Gruppo leader in Europa nella lavorazione dell’acciaio, a Pasqua fu beccata dal fotografo mentre metteva un biglietto da 50 euro nel cestino delle elemosine in chiesa. Apriti cielo! I commenti su internet diventarono una specie di pubblico linciaggio: sono pochi, doveva farlo di nascosto, il fotografo era lì apposta, doveva darli a un disoccupato.

In ogni caso, il ricco che dona è quasi sempre un mistero. Uno dei più generosi filantropi al mondo è il signor Gaston Glock, austriaco: 100 milioni di dollari l’anno versati a fondazioni scientifiche e sanitarie. Il suo cognome, peraltro, è notissimo a lettori di gialli, appassionati di film polizieschi, poliziotti e delinquenti perché dà il nome alla pistola più venduta nel mondo. Vendere strumenti per uccidere e con il ricavato finanziare medici e scienziati sa un po’ di contraddizione. Senonché Glock ha la sua storia: nel 1999 Charles Ewert, suo socio e amico da una vita, mandò un killer ad ammazzarlo a colpi di martello. Scampato per miracolo (e condannato Ewert a 20 anni di galera), Glock cominciò con la beneficenza, che non ha più abbandonato.

Altro caso da manuale: George Soros, finanziere, un patrimonio da 20 miliardi di dollari che ne fa, secondo Forbes, la 22° persona più ricca del mondo. Fin dagli anni Settanta, con l’Open Society Institute, Soros si è guadagnato fama di grande filantropo, con iniziative che hanno spaziato dal Sudafrica dell’apartheid all’assedio di Sarajevo. È stato calcolato che già nel 2003 le sue donazioni erano arrivate alla cifra di 4,3 miliardi di dollari. Lo stesso Soros che nel 1992, con una serie di ardite speculazioni finanziarie, costrinse la Banca d’Inghilterra a svalutare la sterlina, e che nel 1998 in modo quasi analogo fece partire la crisi finanziaria in Asia che poi portò al default la Russia di Eltsin. Quante famiglie avranno patito per i suoi successi in Borsa?

D’altra parte, la beneficenza dei ricchi fa sempre rumore ma non è detto che faccia anche tendenza. Charity Aid Foundation, un ente no profit inglese, ha calcolato Paese per Paese la percentuale di popolazione coinvolta in azioni benefiche. Ecco allora che in testa ci sono Australia e Nuova Zelanda, seguiti da Canada e Irlanda; Stati Uniti quinti, Italia al 29° posto, Cina a un disastroso 147°. Proprio la Cina, dove un incontro di potenziali filantropi, organizzato da Warren Buffett e Bill Gates, è stato accolto da alcune impreviste e vistose defezioni.

Ai nuovi straricchi cinesi, in effetti, deve suonare un po’ bizzarra l’idea del Giving Pledge, la «promessa di donare», lanciata dai due supermiliardari americani: offrire metà del proprio patrimonio per iniziative benefiche. Buffett e Gates da mesi si danno da fare per convincere i 400 miliardari Usa presenti sulla lista Forbes dei ricconi ad aderire all’iniziativa. Per ora ne hanno convinti solo 57, ultimo in ordine di tempo Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook.

Buffett e Gates cercano a loro modo di rispondere a una crisi della filantropia che negli Usa è piuttosto evidente. Il Paese con la legislazione più favorevole alle donazioni sconta la crisi e ha visto un calo dei doni del 3,6% nel 2011, dopo un altro meno 2% nel 2010. Anche nella loro lista, comunque, abbondano i banchieri (Herb Sandler, Sanford Weill, David Rockefeller), gli immobiliaristi (Eli Broad, George Mitchell) e i finanzieri come Michael Milken specializzati nei junk bonds, i «buoni spazzatura». Ma non sono stati loro, nel 2008-2009, a causare la crisi che ha bruciato il lavoro di milioni di americani?

Per non parlare della signora Gates, Melinda, che vuole investire 450 milioni di dollari nei prossimi otto mesi per «ricercare nuove tecniche di controllo delle nascite». Le case farmaceutiche, come ha fatto notare l’Osservatore Romano, già si fregano le mani.

Pubblicato sull’Eco di Bergamo del 1 agosto 2012

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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