SERBIA, LA RISCOSSA DEI NAZIONALISTI

La gioia dei sostenitori di Nikolic a Belgrado.

Sorpresa in Serbia: dalle elezioni presidenziali esce vincitore Tomislav Nikolic, 60 anni, leader del Partito progressista che, al di là dei nomi di facciata, vuol dire fronte nazionalista. Del resto, Nikolic era al Governo con Milosevic ai tempi della guerra del Kosovo, le radici sono quelle e non sono state cancellate dalla svolta moderata messa in atto nel 2008.

La gioia dei sostenitori di Nikolic a Belgrado.

Sconfitto invece l’eterno vincitore. L’europeista Boris Tadic, 54 anni, reduce da due mandati presidenziali, ottenuti nel 2004 e 2008 proprio a spese di Nikolic, qualche mese fa aveva ricevuto “in regalo” dalla Ue lo status di Paese candidato all’ingresso nell’Unione. Un’arma che, a quanto pare, non è bastata per fare il tris. Su tutto e su tutti, un’affluenza alle urne assai bassa: 41,5%.

A dispetto del cambio di Presidente, c’è poco che la Serbia possa fare per affermare un nuovo orientamento. Nikolic si dice europeista ma non disposto a rinunciare al Kosovo. Ma il Kosovo dei sogni serbi è perso, andato. E a vigilare su questa realtà non è l’Unione Europea ma, e dal punto di vista del nazionalismo serbo è molto peggio, sono gli Usa. E’ vero piuttosto il contrario: la Serbia avrebbe un gran bisogno di integrarsi nell’Unione Europea, ma la Ue tutto ha in testa tranne che aprire le porte a Stati economicamente fragili, che fatalmente la indebolirebbero ulteriormente.

Tomislav Nikolic.

Con la disoccupazione al 24%, un settore statale ancora dominante, il salario medio sotto i 400 euro, la Serbia non è certo il candidato ideale. La crescita non è di quelle rampanti (dopo una contrazione del 3,5% nel 2009, un più 1% nel 2010 e un più 2% nel 2011) e la gestione dell’economia (con Tadic) ha provocato molte discussioni. Nel settembre 2011 la Serbia ha firmato con il Fondo monetario internazionale un accordo da 1,3 miliardi di dollari, valido nelle intenzioni fino al 2013. Ma all’inizio di quest’anno il Fondo ha sospeso tutto perché la legge finanziaria approvata dal parlamento serbo non rispettava i parametri fissati.

Bisogna però chiedersi che cosa abbia spinto i serbi a scegliere il prima più volte rinnegato Nikolic. In altre parole, provare a misurare il peso esercitato nel voto dallo stato penoso dell’economia e dallo scontento verso i partiti di Governo con quanto invece può aver contato un rigurgito di nazionalismo nei confronti dei processi che, all’Aja, portano di volta in volta alla sbarra i vari Radtko Mladic, Vojislav Seselj, Radovan Karadzic. In queste elezioni hanno votato regolarmente anche i 109 mila elettori serbi residenti in Kosovo: anche lì, però, l’affluenza è stata molto bassa.

Fulvio Scaglione

Mi chiamo Fulvio Scaglione, sono nato nel 1957, sono giornalista professionista dal 1983. Dal 2000 al 2016 sono stato vice-direttore del settimanale "Famiglia Cristiana", di cui nel 2010 ho anche varato l'edizione on-line. Sono stato corrispondente da Mosca, ho seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, poi l'Afghanistan, l'Iraq e i temi del Medio Oriente. Ho pubblicato i seguenti libri: "Bye Bye Baghdad" (Fratelli Frilli Editori, 2003) e "La Russia è tornata" (Boroli Editore, 2005), "I cristiani e il Medio Oriente" (Edizioni San Paolo, 2008), "Il patto con il diavolo" (Rizzoli 2017).

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